Recensione La Fine – “Scontento” (Superdoggy Music, 2014)



Nonostante Cosenza sia ai margini della provincia dell’impero del rock italiaco, di per sé provincia del mondo, non sono mancati negli anni, esempi musicali capaci di travalicare i confini del Pollino e ritagliarsi un minimo di attenzione e credibilità atti ad  aggiungere la città dei Bruzi in un virtuale tour  musicale lungo la penisola.
Oggi un’altra band arriva a reclamare spazio e considerazione muovendosi sui territori aspri e poco appetibili come quelli del post hardcore, che in Italia vanta una lunga tradizione da esportazione (Raw Power, Negazione, Kina tanto per citare qualche nome di peso). Attivo da poco più di un anno il gruppo ha scelto  La Fine come nome d’arte con cui proporre il loro attacco sonico mirato a scardinare la quieta della scena cittadina e non solo. È bastato far circolare un piccolo demo per raccogliere subito l’attenzione di Karim degli Zen Circus che ha voluto pubblicare per la sua etichetta Il loro disco d’esordio “Scontento”, prodotto da un altro nome eccellente della scena italiana, vale a dire Andrea Sologni dei Gazebo Penguins. L’album come si conviene a questo sottogenere del punk, dura poco più di venti minuti e le sue sette canzoni si ascoltano tutte d’un fiato. L’attacco furioso di “Precipizio” mette subito in chiaro il disagio espresso a suon di testi e musica, non disdegnando di rincorre linee melodiche mascherate si, ma ben evidenti tanto da fare da filo conduttore. I numi tutelari del trio cosentino, composto da Gianluca Gallo (Voce e chitarra), Stefano Greco (basso) e Francesco De Napoli (batteria), vanno ricercarti oltreoceano (Fugazi, Jesus Lizard, Shellac, Girls Against Boys), ma anche a casa nostra (piccole venature di Uzeda sono riscontrabili qua e la), e su questi esempi importanti si nota una capacità compositiva capace di camminare orgogliosamente sulle proprie gambe. Il nichilismo è urlato attraverso testi un po’ criptici che parlano di amore e precarietà dell’esistenza, mentre la musica trova anche piccole pause quasi post rock, che come sempre preparano il terreno alle successive accelerate. Tra i brani meglio riusciti da citare oltre a ”Precipizio” vanno aggiunti “Cemento”, “Il futuro è un tempo sbagliato” e “perché la gente nasce” anche se in fondo tutte le sette tracce andrebbe menzionate. In definitiva possiamo parlare di un ottimo esordio che lascia ben sperare per il futuro. 

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