Mezzala – Irrequieto (The Prisoner Records/Believe Digital)
Giunto al secondo album solista dopo una lunga carriera
che parte dai tardi anni 90 con i Laghisecchi
e, passando per il progetto Nome e
soprattutto con i Numero 6, Michele “Mezzala” Bitossi ha messo a punto uno stile pop ben
definito che seppure possa non essere catalogato alla voce “musica leggera”,
per via dei testi sempre ricercati e poco appetibili per il grande pubblico, ha
sempre mostrato grandi potenzialità che tuttavia, come ben esplica il cameo di Zibba nel brano “Chissà” che chiude questo nuovo disco, non gli ha dato quel
successo su vasta scala che meriterebbe, lasciandolo particolarmente
irrequieto. E così Mezzala con
questa nuova raccolta di canzoni, lancia una sfida a se stesso e al mondo della
canzone italiana, assestando, a mio avviso, un colpo da KO. Diciamo subito che “Irrequieto”
è un disco perfetto dalla prima all’ultima canzone che spinge
l’ascoltatore in un mondo all’apparenza tanto retrò quanto moderno. L’idea di
fondo dalla quale è partito Michele
Bitossi è stata quella di realizzare un disco “alla vecchia” in cui
l’autore dopo aver scritto le canzoni si affida ad un team di arrangiatori,
produttori e musicisti che hanno rivestito i brani di una patina da collettivo
piuttosto che da cantautore. C’è da dire che il lavoro realizzato da Ivan Rossi e Tristan Martinelli insieme a tutti i
musicisti coinvolti, risulta un valore aggiunto per queste canzoni dove ogni
cosa risulta messa al posto giusto, dalle soluzioni armoniche agli arrangiamenti
dove i fiati la fanno spesso da padrone, per dare al disco una veste soul molto
contaminata e poco canonica ma non solo. La ricerca di avvicinarsi a certo
cantautorato degli anni settanta (Graziani, Finardi, Battisti, Dalla citati in
sede di presentazione) risulta particolarmente riuscita anche se non
immediatamente riconoscibile, e questo non può che essere un pregio. “Irrequieto”
è un disco magnificamente leggero nonostante tratti l’amore sempre dal punto
finale, dove il protagonista maschile è quasi sempre “affidabile come il Genoa
in trasferta” e responsabile per le cose che non vanno. L’apertura, affidata al
primo singolo “le Tue Paure”, che ha
anticipato il disco grazie anche un pregevole video romanzo arrivato a
suscitare l’attenzione di Vincenzo Mollica ed approdare alla platea del TG1
della Rai. Merito non solo della regia di Francesco Lettieri, quanto della
struttura di canzone perfetta dove testo, melodia ed arrangiamento si fissano
immediatamente nella mente. E questo uno degli aspetti cruciali di questo
disco, dove ogni singola canzone ha il potenziale da hit e basta scorrere la
tracklist per accorgersene, nonostante non ci sia una canzone uguale all’altra
e dove si possono trovare ritmi in levare (“Fino
a Liverpool”), insospettabili richiami springsteeniani (come negli
intermezzi strumentali di “A Chi Non Vuol
giocare” che arrivano a cambiare decisamente il volto ad una canzone
tipicamente italiana), coretti sixties (“Biodegradabile”)
archi e fiati che si fondono alla perfezione (“L’Unica Ferita”). Un’altra delle canzoni più efficaci risulta
essere “Capitoli Primi” il cui testo
è stato scritto da Matteo B. Bianchi e rivestito in maniera magistrale dalla
musica di Mezzala, tanto da poter essere evidenziata come una sorta di
manifesto non solo per il musicista genovese, ma per chiunque si trovi superato
da chi ottiene i riconoscimenti a lui destinati. Si può in definitiva dire che
questa volta Mezzala è riuscito a realizzare un disco nel quale traspare tutto
il suo amore per la musica, offrendo all’ascoltatore un prodotto ricco di suoni
da scoprire ascolto dopo ascolto, prodotto e cesellato con cura e che farà
esultare gli amanti della musica come un gol segnato sotto la gradinata nord.
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