Il mio 2017 in musica
Probabilmente nel marasma di classifiche di fine anno anche la mia potrà essere letta con superficialità, ignorata o tenuta nella massima considerazione a seconda che mi si reputi una persona più o meno autorevole nel campo musicale, cosa che lascia sempre il tempo che trova in un senso o nell'altro.
Che la condividiate o meno di certo, quella che segue, è frutto di una scelta ponderata e ragionata, su quelli che sono stati i miei ascolti in questo anno che sta per terminare. Ascolti un po' meno corposi di quando lavoravaro dietro un microfono, ma certamente sostanziosi per come la passione musicale continui ad essere alimentata costantemente, nonostante ora sia tornata nel semplice alveo della, appunto, passione. Questi sono secondo me i migliori album del 2017. Non una verità assoluta, ma di certo dischi che è valsa la pena ascoltare e che hanno contribuito a rendere interessante quel tanto vituperato rock, che molti danno per defunto da tempo.
1. CHEAP WINE - dreams
Per celebrare i vent'anni di attività, la band pesarese sfoggia uno dei migliori titoli della sua discografia. Un disco nato ricorrendo all'aiuto dei fans attraverso un crownfunding, scelta dolorosa ma necessaria, cui Marco Diamntini e compagni hanno risposto confezionando un grande disco di "Americana" che in dieci brani versatili ed incisivi, vuole essere uno sguardo positivo sul futuro, che possa scacciare definitivamente gli incubi che avevano generato i due capitoli precedenti di questa trilogia. Un disco di cui andare fieri.
2. IDLES - brutalism
La sorpresa dell'anno! Un disco d'esordio dove il punk iconoclasta si sposa alla perfezione con il noise venato di hardcore che richiama alla mente la scena americana degli anni ottanta, restando profondamente british nel suo porre l'accento sui mali della società e dell'establishment inglese. Un gruppo fuori di testa, a guardare certe loro esibizioni live, che ti manda fuori di testa, costringendoti a premere il tasto repeat ogni volta che il disco finisce. Ritmiche serrate, chitarre taglienti fanno da substrato a canzoni ca cantare a squarciagola.
3. THE DREAM SYNDICATE - how did i find myself here?
Steve Winn rispolvera la sigla del Sindacato del Sogno non per raschiare il fondo del barile, come un vecchio e consumato rocker, ma per proporre un set di canzoni che richiamano alla mente più gli esordi acidi ed affilati, che non, i seppur magnifici e "orecchiabili" lavori maturi di fine carriera. Un disco dove le chitarre sono sempre armoniche ed aggressivamente acide, che colpiscono direttamente al cuore.
4. MOTORPSYCHO - the tower
I Motorpsycho sfoggiano l'ennesimo monumentale album che, seppure senza aggiungere nulla di nuovo alla loro cifra stilistica, riesce a sorprendere per ricercatezza e cura nel confezionare brani memorabili. La sola A.S.F.E. varrebbe il prezzo dell'acquisto, ma dalla title track alla conclusiva "Ship of Fools" si viaggia in mondo musicale senza confini.
5 . MARK LANEGAN BAND - gargoyle
The voice continua il suo viaggio musicale, incurante di sembrare, per alcuni troppo vecchio, per altri un reduce che cerca di riciclarsi con suoni moderni. In Gargoyle si trova di tutto: blues fangosi, e rock che flitra con ammiccanti ritmiche dance. Tutto legato sapientemente da una voce che è una garanzia, oltre che un marchio di fabbrica inconfondibile.
6. PROTOMARTYR - relatives in descend
I campioni del post punk della loro genrazione continuano a sfornare album intensi capaci di fondere le atmosfere di Fall e JoyDivision, sorattutto nella ritmica, con le chitarre taglienti che richiamano i migliori Fugazi. A fare da collante a queste e mille altre atmosfere, dei testi con un preciso immaginario poetico, sul quale incastonare anche una visione politica e reale. Un disco che conferma un gruppo all'apice della sua creatività.
7. GOSPELBEACH - another summer of love
Il secondo album dei GospelbeacH mantiele le promesse emerse nel disco d'esordio, mostrando sempre una band legata al suono della west coast degli anni sessanta, ma mettendo meglio a fuoco il lato melodico intriso di armonie jingle jangle, echi di Byrds e Big Star che continuano a restare numi tutelari di una band dal solido passato e che può rivesterire meglio di classicicsmo il futuro.
8. GREG GRAFFIN - milliport
In undici anni il carismatico leader dei Bad Religion, ha sfornato tre album da solista nei quali si allontana dai territori abituali del punk melodico californiano, per dedicarsi ad un sentito omaggio alle radici della musica americana. Anche in questo terzo capitolo, spicca la sua scrittura sempre a fuoco, che risulta credibile tanto quanto quella dei Bad Religion. canzoni che sanno di frontiera, con uno spirito roots in linea con la tradizione.
9. CUT - second skin
Anche i bolognesi Cut hanno festeggiato il entennale di carriera con un disco nuovo nel quale ripropongono al meglio il loro suono poco allineato alle masse, dove il post punk si fonde con un hardcore a tratti duro da digerire anche per i più avvezzi a certi suoni. Ricco di ospiti che hanno collaborato alla stesura dei brani, tra i quali spicca il grandissimo Mike Watt (Minutemen/Firehose/Stooges).
10. THE BLACK ANGELS - death song
I texani Black Angels sono senza dubbio alcun il nome di punta della scema garage psichedelica mondiale. Anno dopo anno e album dopo album, sissono costruiti una solida reputazione che li porta ad essere la versione moderna dei grandissimi 13th Floor Elevators. Anche questo quinto album conferma la statura raggiunta da Alex Maas e soci capaci di creare un filo unico che parte dai Velvet Undergrond ed i citati 13th Floor, passando per Spiritualized ed arrivando ai giorni nostri con uno spirito immutato ma attuale ed al passo con i tempi.
altri 10 album degni di nota:
11. ALGIERS - The underside of power
12. JULIE'S HAIRCUT - invocation and ritual dance of my demon twin
13. NO STRANGE - il sentiero delle tartarughe
14. FILTHY FRIENDS - invitation
15. PAUL WELLER - a kind revolution
16. DENIZ TEK & JAMES WILLIAMSON - acoustic ko
17. FOUR BY ART - inner sounds
18. XX - i see you
19. EFFERVESCENT ELEPHANTS - ganesh
20. PAOLO BENVEGNU - h3g
Che la condividiate o meno di certo, quella che segue, è frutto di una scelta ponderata e ragionata, su quelli che sono stati i miei ascolti in questo anno che sta per terminare. Ascolti un po' meno corposi di quando lavoravaro dietro un microfono, ma certamente sostanziosi per come la passione musicale continui ad essere alimentata costantemente, nonostante ora sia tornata nel semplice alveo della, appunto, passione. Questi sono secondo me i migliori album del 2017. Non una verità assoluta, ma di certo dischi che è valsa la pena ascoltare e che hanno contribuito a rendere interessante quel tanto vituperato rock, che molti danno per defunto da tempo.
1. CHEAP WINE - dreams
Per celebrare i vent'anni di attività, la band pesarese sfoggia uno dei migliori titoli della sua discografia. Un disco nato ricorrendo all'aiuto dei fans attraverso un crownfunding, scelta dolorosa ma necessaria, cui Marco Diamntini e compagni hanno risposto confezionando un grande disco di "Americana" che in dieci brani versatili ed incisivi, vuole essere uno sguardo positivo sul futuro, che possa scacciare definitivamente gli incubi che avevano generato i due capitoli precedenti di questa trilogia. Un disco di cui andare fieri.
2. IDLES - brutalism
La sorpresa dell'anno! Un disco d'esordio dove il punk iconoclasta si sposa alla perfezione con il noise venato di hardcore che richiama alla mente la scena americana degli anni ottanta, restando profondamente british nel suo porre l'accento sui mali della società e dell'establishment inglese. Un gruppo fuori di testa, a guardare certe loro esibizioni live, che ti manda fuori di testa, costringendoti a premere il tasto repeat ogni volta che il disco finisce. Ritmiche serrate, chitarre taglienti fanno da substrato a canzoni ca cantare a squarciagola.
3. THE DREAM SYNDICATE - how did i find myself here?
Steve Winn rispolvera la sigla del Sindacato del Sogno non per raschiare il fondo del barile, come un vecchio e consumato rocker, ma per proporre un set di canzoni che richiamano alla mente più gli esordi acidi ed affilati, che non, i seppur magnifici e "orecchiabili" lavori maturi di fine carriera. Un disco dove le chitarre sono sempre armoniche ed aggressivamente acide, che colpiscono direttamente al cuore.
4. MOTORPSYCHO - the tower
I Motorpsycho sfoggiano l'ennesimo monumentale album che, seppure senza aggiungere nulla di nuovo alla loro cifra stilistica, riesce a sorprendere per ricercatezza e cura nel confezionare brani memorabili. La sola A.S.F.E. varrebbe il prezzo dell'acquisto, ma dalla title track alla conclusiva "Ship of Fools" si viaggia in mondo musicale senza confini.
5 . MARK LANEGAN BAND - gargoyle
The voice continua il suo viaggio musicale, incurante di sembrare, per alcuni troppo vecchio, per altri un reduce che cerca di riciclarsi con suoni moderni. In Gargoyle si trova di tutto: blues fangosi, e rock che flitra con ammiccanti ritmiche dance. Tutto legato sapientemente da una voce che è una garanzia, oltre che un marchio di fabbrica inconfondibile.
6. PROTOMARTYR - relatives in descend
I campioni del post punk della loro genrazione continuano a sfornare album intensi capaci di fondere le atmosfere di Fall e JoyDivision, sorattutto nella ritmica, con le chitarre taglienti che richiamano i migliori Fugazi. A fare da collante a queste e mille altre atmosfere, dei testi con un preciso immaginario poetico, sul quale incastonare anche una visione politica e reale. Un disco che conferma un gruppo all'apice della sua creatività.
7. GOSPELBEACH - another summer of love
Il secondo album dei GospelbeacH mantiele le promesse emerse nel disco d'esordio, mostrando sempre una band legata al suono della west coast degli anni sessanta, ma mettendo meglio a fuoco il lato melodico intriso di armonie jingle jangle, echi di Byrds e Big Star che continuano a restare numi tutelari di una band dal solido passato e che può rivesterire meglio di classicicsmo il futuro.
8. GREG GRAFFIN - milliport
In undici anni il carismatico leader dei Bad Religion, ha sfornato tre album da solista nei quali si allontana dai territori abituali del punk melodico californiano, per dedicarsi ad un sentito omaggio alle radici della musica americana. Anche in questo terzo capitolo, spicca la sua scrittura sempre a fuoco, che risulta credibile tanto quanto quella dei Bad Religion. canzoni che sanno di frontiera, con uno spirito roots in linea con la tradizione.
9. CUT - second skin
Anche i bolognesi Cut hanno festeggiato il entennale di carriera con un disco nuovo nel quale ripropongono al meglio il loro suono poco allineato alle masse, dove il post punk si fonde con un hardcore a tratti duro da digerire anche per i più avvezzi a certi suoni. Ricco di ospiti che hanno collaborato alla stesura dei brani, tra i quali spicca il grandissimo Mike Watt (Minutemen/Firehose/Stooges).
10. THE BLACK ANGELS - death song
I texani Black Angels sono senza dubbio alcun il nome di punta della scema garage psichedelica mondiale. Anno dopo anno e album dopo album, sissono costruiti una solida reputazione che li porta ad essere la versione moderna dei grandissimi 13th Floor Elevators. Anche questo quinto album conferma la statura raggiunta da Alex Maas e soci capaci di creare un filo unico che parte dai Velvet Undergrond ed i citati 13th Floor, passando per Spiritualized ed arrivando ai giorni nostri con uno spirito immutato ma attuale ed al passo con i tempi.
altri 10 album degni di nota:
11. ALGIERS - The underside of power
12. JULIE'S HAIRCUT - invocation and ritual dance of my demon twin
13. NO STRANGE - il sentiero delle tartarughe
14. FILTHY FRIENDS - invitation
15. PAUL WELLER - a kind revolution
16. DENIZ TEK & JAMES WILLIAMSON - acoustic ko
17. FOUR BY ART - inner sounds
18. XX - i see you
19. EFFERVESCENT ELEPHANTS - ganesh
20. PAOLO BENVEGNU - h3g
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