Recensione - The Saints - Long March Through the Jazz Age (Fire Records, 2025)
Il 28 novembre 2025, la Fire Records pubblicherà Long March Through the Jazz Age, l'ultimo lavoro discografico del compianto Chris Bailey e dei The Saints, in coincidenza con quello che sarebbe stato il 69° compleanno di Bailey. È un commovente addio, una testimonianza di un artista instancabile e senza compromessi che ha sempre guardato avanti, uno dei più grandi parolieri e iconoclasti del rock.
Rileggere il nome dei The Saints in relazione ad una
nuova uscita discografica non può che far palpitare i cuori non solo degli
appassionati dell’Aussierock della prima ora, ma anche di quanti hanno
apprezzato il suono di una band che ha saputo percorrere le strade del rock
affrancandosi ben presto dall’etichetta di prime movers del punk, grazie ad un
songwriting di grande qualità che Bailey, nel corso del tempo, portò a trasformare
i Saints in un veicolo musicale più ampio che incorporava elementi di rock,
folk e blues.
Album come A Little Madness to Be Free (1984), All
Fools Day (1986) e Prodigal Son (1988) riflettevano il suo approccio
in evoluzione alla composizione e il suo desiderio di esplorare temi che
andavano ben oltre l'energia primordiale dei primi tempi. Il singolo di
successo "Just Like Fire Would" da All Fools Day ottenne un
notevole successo radiofonico e portò alla band una rinnovata attenzione, tanto
da essere addirittura riletto da Bruce Springsteen in una versione inserita
nell’album High Hopes del 2014.
Ma The Saints sono stati una di quelle poche band che hanno
completamente riscritto le regole della scena musicale non solo del loro paese,
aprendo la propria strada dalla periferia di Brisbane, in Australia, alle
pagine della storia del rock. Come ebbe a dire in un’intervista del 2005 Clinton
Walker, autore di Stranded: The Secret History of Australian Independent
Music 1977–1991:<<Non si può dire che il punk americano abbia
preceduto quello australiano, perché le due band punk australiane più
importanti, The Saints e Radio Birdman, erano già attive nel 1974.
L'Australia era una sorta di strano ponte. Come un anello mancante tra gli
Stooges e i New York Dolls e quella cosa inglese che è successa [nel 1976]. Il
fatto che provenisse dall'Australia era una conferma della necessità del
movimento: ecco questa idea, che proviene da questa strana zona del mondo -
deve essere un'idea che deve realizzarsi>>.
Il gruppo si è formato nel 1973, attorno alla collaborazione
tra il cantante Chris Bailey, il chitarrista Ed Kuepper e il
batterista Ivor Hay. In un periodo in cui il panorama musicale australiano era
fortemente orientato verso il pop raffinato e il pub rock, i Saints erano
qualcosa di completamente diverso. Suonavano con un'urgenza grezza, un sound ricco
di ribellione ed elettricità. Molto prima che la musica punk esplodesse a
Londra o New York, i Saints lo stavano già facendo, spinti dallo spirito
irrequieto della gioventù e dalla frustrazione per la stagnazione suburbana.
Nel giugno del '76, la band di Brisbane incanalò quella
rabbia giovane e la registrò su di un singolo autoprodotto, "(I'm)
Stranded", con "No Time" sul lato B, per la
propria etichetta indipendente Fatal. Ebbero la lungimiranza di inviarlo ai
critici di tutto il mondo. Entusiasta, il giornalista britannico John Ingham della
rivista Sounds lo dichiara: "il singolo di questa settimana e di ogni
settimana". Come dargli torto?
La canzone racchiudeva tutto ciò che i The Saints
rappresentavano: indipendenza, atteggiamento e pura potenza, il tutto pochi
mesi prima delle prime uscite di band come i Sex Pistols e i Clash. In
un’intervista rilasciata nel 1985 Bailey ricordò così il periodo degli esordi: <<La
rabbia dei giovani è sempre più forte e molto più confusa. Quando ero
adolescente, la mia visione politica della vita era molto incentrata sul 'noi'
contro 'loro', anche se non sapevo chi fossimo 'noi' o chi fossero 'loro'>>.
E secondo il cantante Chris Bailey, il fatto di provenire da Brisbane era
un ingrediente fondamentale della loro visione. <<Il motivo per cui
suonavamo in quel modo è sicuramente perché Brisbane è una zona sperduta di
questo Paese. È come molte cose che ti capitano: non ti rendi conto del perché
succedono finché non è troppo tardi. Non ho una spiegazione per il motivo per
cui il primo disco dei Saints suona così. Forse perché [a Brisbane] è così
tranquillo, ecco perché la musica era così rumorosa>>.
Per comprendere meglio questo passaggio bisogna sottolineare
che alla fine degli
anni '70, Brisbane era nota come la capitale più conservatrice dell'Australia
sotto il regno di Joh Bjelke-Petersen. La natura oppressiva dell'establishment
ha dato origine ad alcuni dei gruppi punk rock più intensi che abbiamo si
misero in luce in quel periodo, tra cui The Saints, The Fun Things e i fantastici
Leftovers.
I Saints si trasferirono da Brisbane a Sydney all'inizio del
1977 prima di partire per Londra, l'epicentro del punk, mentre la EMI
pubblicava il loro album d’esordio. Intitolato come il singolo, "(I'm)
Stranded" era un album grezzo, veloce e senza compromessi, che li
collocò tra i primi innovatori del punk rock.
Ma come fu per i Radio Birdman, l’arrivo in Inghilterra per
i Saints fu deludente. Si resero subito conto che a Londra erano degli outsider
proprio come lo erano stati a Brisbane. Unica obiezione: i loro capelli erano
troppo lunghi. Nonostante il disco e i loro concerti venivano apprezzati dai
critici più importanti, Bailey e compagni compresero che il punk non era un
movimento in cui riconoscersi e per questo che i loro album successivi,
suonavano decisamente diversi da quello che li aveva posti all’attenzione
internazionale.
Il loro secondo album, Eternally Yours, uscì nel 1978
e segnò una svolta. La band iniziò a sperimentare suoni più ampi. Gli
arrangiamenti di fiati, i tempi più lenti e un'attenzione maggiore alla melodia
riflettevano una crescente maturità nella loro scrittura. La voce di Chris
Bailey, al tempo stesso ribelle e introspettiva, acquisì un nuovo peso emotivo,
mentre il lavoro di Kuepper alla chitarra si arricchì di texture e tonalità.
L'album dimostrò che i Saints non erano interessati a essere definiti semplicemente
come una band punk, ma erano alla ricerca di qualcosa di più originale. Nello
stesso anno pubblicarono Prehistoric Sounds, un disco che spingeva
ancora di più verso influenze soul e R&B. Sarebbe stato l'ultimo con la
formazione originale, poiché tensioni creative e stanchezza portarono
all'abbandono di Ed Kuepper che si dedicò ad una prolifica carriera solista
prima di fondare gli Aints.
Bailey mantenne la sigla The Saints, continuando a registrare e ad
esibirsi con nuove formazioni per tutti gli anni a venire, pubblicando diversi
album con lo stesso spirito di indipendenza che aveva caratterizzato i primi
dischi. Anche se la formazione è cambiata, l'identità della band è rimasta
radicata nell'autenticità e nella passione.
L’influenza dei Saints sulla musica australiana e
internazionale è stata confermata da generazioni di artisti, dalle band punk
agli artisti rock alternativi, in tanti hanno citato i Saints come fonte di
ispirazione fondamentale.
Dopo la scomparsa di Bailey avvenuta nel 2022, Ed Kuepper ha
deciso di omaggiare il suo compagno degli esordi riformando The Saints per
portare in tour, dapprima in Australia lo scorso anno e in questi giorni negli
Stati Uniti e in Europa, il materiale scritto per i primi tre album. Insieme a
lui il batterista storico Ivor Hay, Il bassista dei Sunnyboys Peter Oxley e
il grande Mick Harvey — membro fondatore dei The Boys Next Door, dei The
Birthday Party e dei Nick Cave & the Bad Seeds, nonché stimato artista
solista — che si unisce a Kuepper alla chitarra. A prendere il posto di Bailey
è stato chiamato Mark Arm dei Mudhoney per completare una line up da sogno.
Ma l’attualità ci porta ad analizzare questo album postumo
dei Saints di Bailey. Long March Through the Jazz Age è stato registrato ai
Church Street Studios di Sydney, dove Bailey e il batterista di lunga data dei
Saints Pete Wilkinson sono volati dall'Europa per riunirsi con il
chitarrista/tecnico Sean Carey, che in precedenza aveva fatto tournée e
registrato con la band. A loro si sono uniti Davey Lane (You Am I) alla
chitarra, oltre a un ensemble selezionato con cura tra i più entusiasmanti
giovani musicisti di Sydney che suonano fiati, archi e tastiere.
Il disco si apre alla grande con un brano meraviglioso come Empires
(Sometimes We Fall) basato su un fondale di chitarre western punteggiato
dai testi struggenti di Bailey: "A volte ci alziamo, a volte
cadiamo". Una melodia accattivante che mette in mostra tutta la
maestria autoriale di Bailey.
A seguire il singolo Break Away si pone sulla scia della migliore produzione dei Saints impressa in dischi come “All Fools Day”, mentre Judas innesta un testo malinconico su ritmi scintillanti che verranno seguiti da una ballata dylaniana come Vikings, dove le chitarre duettano con le tastiere prima di venire rafforzati da fiati sontuosi.
In Gasoline Bailey fa il verso a Mick Jagger su di un brano che si mostra a suo perfetto agio nei territori dell’alternative country. The Key raccogli il punto di vista dei beautiful losers pieni di voglia di riscatto, mentre i suoni rendono il giusto tributo ad un tema così epicamente rock. Ma su tutto il disco si erge voce distintiva di Chris Bailey che porta avanti la trama.
Pete Wilkinson lo ricorda vividamente: <<Quando si
è trattato di registrare le voci, Chris Bailey ha riservato il meglio per
ultimo. La sua abilità lirica è ben nota a chi conosce i Saints, vecchi e
nuovi, ma queste registrazioni offrono una profondità e un'ampiezza nuove alla
sua voce che superano qualsiasi cosa avessi sentito prima>>.
Tutto l’album scorre piacevolmente senza cadute di toni, non
c’è un brano debole o riempitivo che sia uno, come se Bailey avesse non solo
voluto sublimare tutto il suo percorso artistico, ma avesse voluto lasciarci il
meglio di sé in disco che rasenta la perfezione. A tal proposito Sean Carey ha affermato
che: <<Chris era un vero artista, era come guardare qualcuno dipingere
un'opera d'arte nuova ogni singolo giorno. Questa raccolta di canzoni e
registrazioni era ispirata e diversa da qualsiasi altra cosa avessi fatto prima>>.
Parole che trovano riscontro in brani come Bruises o
la title track, ballata contraddistinta da una tromba jazz intrisa di quella
intensità poetica espressa in tutta la vita artistica di Bailey, che forse
avverte il momento di andare oltre “Sento una voce, qualcuno mi sta
chiamando Senti quella voce, qualcuno mi sta chiamando Più dolce del vento tra
gli alberi”.
Long March Through the Jazz Age, è un lascito
testamentario di assoluto valore che segna la fine del notevole viaggio di
Chris Bailey e dei The Saints: oltre quattro decenni di musica e di sfida alle
regole, e lo fa nella maniera migliore che potesse fare un artista che fatto la
storia del rock.


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