CHEAP WINE - Beggar Town (Cheap Wine Records/IRD)



Dopo 18 anni di carriera e 10 album alle spalle i Cheap Wine non hanno niente da dimostrare se non di avere ancora lo spirito e la voglia di presentarsi al pubblico con un’altra dozzina di canzoni nuove che suonano sincere e sono state scritte come sempre con il cuore in mano e l’amore per il rock che ha sempre distinto il quintetto pesarese. Come sempre avvicinarsi ad un disco dei Cheap Wine richiede tempo e attenzione, perché in esso non troverete mai passaggi e fraseggi ammiccanti, melodie di facile presa, ma un suono cesellato con maestria e cura, ricco di sfumature che si svelano ascolto dopo ascolto. Un suono, quello di Beggar Town che trasuda di blues. Blues come condizione dell’anima dei suo personaggi che si aggirano per queste nostre città piene di macerie, come dei mendicanti in cerca del riscatto dalla sconfitta in cui erano precipitati nel precedente Based on Lies. Una sconfitta amara che li rende più cattivi perché non hanno niente da perdere e sono disposti a tutto per cercare il riscatto ed un barlume di speranza verso una vita migliore. Pur non contenendo i crismi del concept album, Beggar Town si dipana quasi come una storia unica, con una serie di flash emotivi in un’alternanza di sconforto e speranza, dove il buio e la luce appaiono e scompaiono per regalare varie sfumature alla tavolozza dei colori delle canzoni. I testi di Marco Diamantini, come sempre tradotti in italiano nel booklet del cd, raccontano al meglio quella speranza a cui aggrapparsi in questi tempi bui ancora dominati dalle bugie, per cercare di continuare a lottare per la sopravvivenza. Come ben sappiamo i dischi non possono magari indicare soluzioni ai nostri problemi, ma di certo ci aiutano a vivere meglio, quando sono scritti con sincerità, dolore, rabbia e amore come in questo caso. La musica che accompagna e sostiene i testi mai come in questo caso è posta volutamente un gradino sotto. I riff della chitarra di Michele Diamantini non debordano mai e si integrano alla perfezione con le linee disegnate alle tastiere da Alessio Raffaellli, sostenuti come sempre dalla solida sezione ritmica di Alessandro Grazioli (alla sua ultima apparizione in casa Cheap Wine) e Alan Giannini. Le canzoni di Beggar Town sono destinate a diventare ben presto dei classici tra i Wineheads, sia quando spingono sull’acceleratore (la title track, “Destination Nowhere” e la trascinante “Black Man”) oppure sanno far piangere l’anima come in “Muddy Hopes”, “Lifeboat” “Claim the Sun”. Un capitolo a parte merita la delicata “Utrillo’s Wine” che racconta un divertente episodio della vita del pittore francese Maurice Utrillo che, vittima della dipendenza dall’alcol, ruba i vestiti logori del suo amico Amedeo Modigliani, con il quale condivideva quasi tutto: il grande talento per la pittura, la povertà estrema ed un misero alloggio nel quartiere parigino di Montparnasse, per comprare due bottiglie di vino per placare i suoi demoni. Il disco come sempre è curato in ogni minimo dettaglio, a partire dalla bellissima copertina disegnata da Serena Riglietti che impreziosisce come in “Based on Lies”, l’ennesimo grande disco dei Cheap Wine. Una copertina che avrebbe meritato lo splendore di un’edizione in vinile gatefold, ma che non è stato possibile realizzare per questioni di budget. Poca cosa se si tengono in conto i binari dell’indipendenza totale su cui viaggia da quasi un ventennio la storia dei Cheap Wine.





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