Make Some Noise - Iggy Pop live Medimex Bari 10.06.2017
“Make some noise”…è quasi
mezzanotte quando Iggy Pop, volge le spalle al pubblico di Bari rivolgendosi ai
suoi musicisti per mettere la chiosa finale ad un grande concerto. Dopo qualche
secondo in cui anche un musicista navigato come Kevin Armstrong, chitarrista e
direttore d’orchestra della band che supporta l’Iguana, resta interdetto prima
di cogliere il senso della richiesta, parte un muro di rumore che mette il
sugello ad una notte magica che segna uno dei successi del Medimex International
Festival & Music Conference edizione 2017, mandando in visibilio il
pubblico di oltre trentamila appassionati che sono giunti da ogni parte
d’Italia, per un appuntamento che si è rivelato imperdibile per gli adepti
dell’unico vero Re del rock’n’roll vivente. Perché Iggy Pop questo è in realtà:
l’incarnazione dello spirito di una musica data per morta in continuazione, ma
che sa risorgere ogni qual volta lui sale sul palco. Prima della sfilza di
rumori che il quartetto alle spalle di Iggy ha inscenato, sono stati 90 minuti
di delirio totale durante i quali sono stati eseguiti venti brani che hanno
rappresentato al meglio la carriera di uno dei più grandi performer della
storia della musica, intervallando i classici della sua carriera da solista,
con quasi tutti gli anthem del periodo Stooges.
Si è partiti con un grande
classico come “I Wanna Be Your Dog”
con Iggy che entra in scena come sempre a torso nudo, incurante delle 70
primavere sulle spalle e della recente operazione all’anca, che lo ha reso
ancora più claudicante, ma che non gli impediscono di andare su e giù per il
palco, mettendo in scena il suo essere incarnazione del migliore spirito del
rock. Subito dopo la ballata stoogesiana “Gimme
Danger” per poi infilare uno dietro l’altro i classici più noti, “The Passenger” e “Lust For Life” che mandano in visibilio soprattutto il pubblico
dei giovanissimi che hanno questo Iggy Pop di riferimento, quello che fa da colonna
sonora agli spot pubblicitari, piuttosto che quello che si accompagnava con i
compianti fratelli Ron e Scott Asheton. Il delirio è subito totale, il pogo
sotto il palco diventa ferocissimo, al limite della sopravvivenza, si ondeggia
in maniera selvaggia e si rischia di restare schiacciati contro la transenna,
anche se per fortuna si uscirà alla fine solo con qualche livido e litri di
sudori, scambiati con i vicini di postazione. Sul palco, dietro le quinte, di
tanto in tanto, fa capolino un altro vecchietto: il fotografo giapponese Masayoshi
Sukita che immortalò David Bowie ed Iggy Pop durante un loro viaggio in
Giappone, per promuovere l’album di Iggy Pop, realizzando scatti immortali che
finirono sulla copertina di “Heroes” e “The Idiot” usciti 40 anni fa e che fino
al 2 luglio sono in mostra, per la prima volta in Italia. al Castello Svevo di Bari,
e che continua a ritrarre l’amico sul palco.
La Band, composta da Kevin
Armstrong, già chitarrista di Bowie, Seamus Beaghen, già nei Madness, alla
seconda chitarra e tastiera pi il giovane bassista Ben Ellis e completata da
Mat Hector alla batteria, suona da paura sia nei registri ad alto tasso
adrenalinico, che su quello più quieto delle ballad, facendo pensare di essere
una delle migliori che abbiano mai accompagnato l’Iguana. Il repertorio verte
più sul periodo degli anni ’70 che su quello recente, al quale vengono concessi
pochi passaggi come “Skull Ring” dall’album
omonimo e “Gardenia” da “Post Pop Depression scritto insieme a
Josh Homme. C’è spazio per brani di
grande spessore come “Sixteen” e “Some
Weird Sin” ed una cattivissima “Repo
Man” che lascia il segno primo del finale da brividi aperto da “Search & Destroy” cantata giù dal
palco in mezzo al pubblico, doppiata da un altro grande classico degli Stooges
come “Down On The Street”. Il
concerto è al suo culmine econ grande sorpresa viene chiuso da “Mass Production” un brano che Iggy
esegue raramente, che in questa occasione viene reso ancora più oscuro e
pesante di quanto non fosse su disco.
Non c’è quasi bisogno di
chiedere il bis di rito, perché non passa che un minuto o poco più perché i
musicisti tornino sul palco per il gran finale aperto in maniera soft da “Gardenia” per pi piazzare il colpo da
KO con un trittico di classici degli Stooges che non fanno prigioneri: “No Fun”, “1969” e “TV Eye” rappresentano
l’essenza della musica di Iggy Pop del suo essere il padre putativo del Punk e
di tutti i gruppi che hanno scelto di suonare l’High Energy Rock’n’Roll, brani
che portano al suo cospetto non solo i vecchi aficionados come chi scrive, ma
anche frotte di giovanissimi che magari resteranno folgorati da una serata come
questa e sceglieranno di imbracciare una chitarra, per cambiare la musica che,
almeno in Italia, sta andando verso una deriva follemente molliccia e
pericolosa.
Ma c’è ancora tempo per l’incedere danzereccio di “Real Wild Child (WildOne)”, di un brano
spettacolare come “Candy” e dell’apoteosi che arriva sulle prime note di “Real Cool Time”. Le luci si accendono
sul pubblico stravolto da una scaletta senza cadute e condotta giù a rotta di
collo dal primo all’ultimo minuto che è riuscita, semmai ce ne fosse bisogno, a
creare una simbiosi perfetta tra pubblico ed artista che, nonostante dal mixer inizino
a partire le note post concerto, torna sul palco per un secondo encore fuori
programma. Appena Iggy urla al microfono “Loose”,
torna a scatenarsi il finimondo. Il brano viene eseguito in maniera
selvaggia e veloce, Iggy Pop ondeggia da una parte all’altra del palco,
indemoniato come e forse più di prima che al suo ingresso sul palco e quando il
brnao termina lui ha ancora energie per
il sugello finale di “Make Some Noise” cinque o più minuti di rumore
assoluto, il rumore che il rock ha ancora una volta ha fatto nello stravolgere
le vite dei presenti, sia che si fosse già avvezzi a questo tipo di
spettacolo,sia che lo si assaporasse per la prima volta. E quando i musicisti
abbandonano palco e strumenti, Iggy resta lì, sdraiato sul palco ad assaporare
un’ovazione degna di un Re o di un American Ceaser uscito vincitore dall’arena.
Un concerto che resterà negli
annali, non solo per la performance dei musicisti, ma anche per essere uno dei
primi a dovere fare i conti con le misure di sicurezza anti terrorismo varate
di recente. Una prova ampiamente superata grazie all’ottima organizzazione del
Medimex, cui va tributato un giusto plauso per tutto il cartellone proposto, al
lavoro delle Forze di Polizia, presenti in gran numero, ma altrettanto discrete,
e ad un pubblico maturo che ha fatto da degna cornice nel suo ruolo di
coprotagonista.
Iggy lascia il palco a furia
di “fucking grazie” cui noi rispondiamo con altrettanto trasporto con un “fucking grazie a te di esistere”.
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