Giancarlo Frigieri - I Ferri Del Mestiere (New Model Label, 2019) Recensione
Anche il 2019 ci ha lasciati ottimi dischi “italiani”
in quella che è il nostro campo d’interesse, vale a dire il rock in tutte le
sue variazioni. I Ferri del Mestiere decima prova discografica in
solo, o quasi, di Giancarlo Frigieri, visto che tra gli album a suo nome
in questi tredici anni di post avventura nei Joe Leaman, spicca anche il
mini in collaborazione con i Mosquitos, si inserisce e, forse meglio di
ogni altro, definisce i contorni del cantautorato rock italiano, che
rappresenta l’altra faccia della medaglia di quella tradizione italica che
alcuni (Brunori Sas, Motta, Benvegnù) virano nella tradizione più classica
seppur attualizzata ai giorni nostri, con conseguente ampia visibilità, ed
altri come il Nostro o Marco Sanchioni, Edoardo Cerea, Davide Tosches, mediano questa
tradizione con i linguaggi più o meno
marcati dei suoni di derivazione anglosassone.
Come accaduto per “Faces” dei Cheap Wine,
anche “I ferri del mestiere” sorprende per come appaia essere una delle
migliori prove discografiche di Frigieri, nonostante sia stato preceduto in
passato da altri album di notevolissimo spessore come “L’età della ragione” (2009), “Chi ha rubato le strade ai
bambini” (2010), “Togliamoci il pensiero” (2012), ed arrivi dopo tutta
una serie di dischi che hanno sempre alzato progressivamente la qualità della
sua scrittura.
I ferri
del mestieri sono le sue fide chitarre Fender, co-protagoniste principali di
questo nuovo album, suonate sfruttando solo la saturazione naturale del suo
amplificatore, un Supro Thunderbolt 6420, ma incorniciando le storie raccontate
da Frigieri esaltandone la centralità nel disco, che si apre con “Bastiglia”
un blues contraddistinto dal violino di Lorenzo Iori e da un incedere marziale contraddistinto dal
coro utilizzato, che mette in risalto l’invettiva sulla deriva
populista-sovranista che cerca di marchiare questi nostri tempi.
A
seguire arriva la splendida “Lungomare” un brano cinematografico che
racconta la Romagna con paesaggi e personaggi che sembrano uscire da “Greetings
from Asbury Park” di Springsteen e raccontati con lo stesso
profluvio di parole che raccontano un intreccio delle storie personali di un
cameriere ed una cuoca e di tutto ciò che ruota intorno ad uno dei tanti
ristoranti che accolgono i turisti d’estate e d’inverno lungo la riviera.
Il blues
ritorna ancora in “Spiritosi” che traccia i caratteri di alcuni strani personaggi
che si ritrovano a bere in bar di infima categoria dove il protagonista si rifugia
per dimenticare un amore che un tempo era “il sole nella tempesta ed ora è solo
un mal di testa” che si ritrova solo nel fondo di un bicchiere.
Ma l’amore
Frigieri lo racconta anche in maniera più che poetico nella ballata “Speriamo
che sia lei” dove l’attesa per il ritorno dell’amata viene descritta
attraverso una serie di quadri, ancora una volta cinematografici, impostati su
di un tappeto sonoro che sembra uscire da un disco dei Walkabouts.
Ma le
atmosfere cambiano di canzone in canzone come nel jazz swingato di “Abito da
sera” dove ancora un amore fallito viene raccontato con leggerezza, mentre
si fa più oscuro e doloroso nella successiva “La guerra degli affetti”. L’invettiva
sociale di denuncia ritorna nel brano “La notte bianca” che racconta
come i tempi moderni che viviamo ci portano a tanti di quei condizionamenti che
determinano anche i ritmi del divertimento, dove bisogna esserci a tutti i
costi anche a discapito di un reale interesse, perché è il “sistema” che oramai
comanda su tutto.
Il disco
è chiuso da due brani distanti nei temi e nelle atmosfere. “Tradimento” racconta
in maniere scarna un altro amore fallito che si regge sulle bugie, mentre “L’altra
canzone del sole” che cita Battisti solo nel titolo, rappresenta la summa
di tutto il lavoro dove la rabbia e la disillusione dei personaggi raccontati, cerca
una via di redenzione attraverso la domanda che ricorre nel refrain: “Dimmi
a rinascere come si fa?” che forse troverà risposta nel prossimo capitolo.
In
definitiva un altro grande disco di Giancarlo Frigieri che rappresenta una
solida realtà di quella musica italiana che cerca di affrancarsi dalla
tradizione melodica/melensa di stampo sanremese che pervade anche tanta musica indipendente
nostrana, attraverso un convincente linguaggio rock che ben si sposa con i
testi in italiano.
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