Giancarlo Frigieri intervista 29.01.2020

 Ai tempi in cui Sotterranei Pop era anche un programma radiofonico, gli appuntamenti con Giancarlo Frigieri per parlare di ogni suo nuovo disco erano fissi ed estremamente godibili da realizzare. Oggi che ci ritroviamo a realizzare una chiacchierata attraverso una chat social, la sostanza non cambia di molto, perché “I ferri del mestiere” (New Model Label, 2019) (quì trovate la recensione) ci consegna un cantautore in splendida forma e con tante cose interessanti da dire. Buonasera Giancarlo, è sempre un piacere ritrovarsi a parlare di un tuo disco nuovo.
“Il piacere, come si dice, è tutto mio”.
"I ferri del mestiere" è un disco che hai suonato quasi in solitario, ce ne spieghi la genesi e come sei arrivato a scegliere questa formula? Io ho pensato che sia figlio anche della tua esperienza live di questi anni condotta quasi in solitario.
“Volevo fare un disco come fosse il prodotto di una band, ma volevo farlo da solo perché così suonava come dicevo io. A parte la batteria di Cesare Anceschi, senza il quale ormai non entrò in studio visto che oltre a batterista è proprio una specie di produttore e quasi un fratello, ho deciso di fare un disco che avesse quasi sempre lo stesso set un in tutti i pezzi. Questo ha portato a repentini cambi di arrangiamento in fase di registrazione, un pezzo è stato addirittura completamente riscritto in studio. Sono molto contento del risultato, mi sembra un album decisamente fuori dal tempo in cui è uscito”.
Un album fuori dal tempo ma che alza qualitativamente la tua scrittura che non sembra subire il logorio del tempo. Passano gli anni ma tu, come altri tuoi colleghi, riuscite a comporre canzoni di grande spessore.
Ti ringrazio. Sono tutti complimenti e quindi non so bene cosa rispondere se non grazie. Però i complimenti me li tengo.
In tempi in cui il rock, perlomeno in Italia, sembra definitivamente sparito dalle scene, come si riesce a trovare un'ispirazione e ad adeguarla a questo linguaggio a noi caro?
Riallacciandomi a quello che dicevi prima, passano gli anni e credo che una cosa positiva dell’invecchiare e che se prima, magari inconsciamente, cercavi di legarti a una tendenza anche solo per provare a ottenere un poco di attenzione, ora che si ha una certa maturità puoi finalmente decidere che, anche se un linguaggio sta sparendo, tu puoi continuare a parlarlo tranquillamente perché comunque a te piace. Senza dover dettare l’agenda a qualcuno, senza pretendere di influenzare il resto di quelli che suonano come te. Semplicemente ti esprimi con il linguaggio che ti sembra più consono e, se poi il resto del mondo va in un’altra direzione, non è un problema. Ci sono compositori in ambito classico che scrivono quartetti per archi, sonate e sinfonie ancora oggi anche se in pochi li eseguono visto che tutti eseguono solo il repertorio del passato. Alcuni sono eccellenti, se il resto del mondo non li ascolta, possiamo negar loro il diritto a comporre la loro musica?
Certamente no. Quindi possiamo dire che si scrivono canzoni per raccontare se stessi , oppure più il mondo che ruota intorno a noi e si osserva giorno dopo giorno?
Assolutamente sì. Almeno, oggi come oggi il senso di quello che faccio io è proprio questo. In futuro chissà, magari comincerò con qualche esperienza più metà-musicale, non so. Ma oggi, almeno per quanto riguarda la forma canzone, il mio scopo è quello lì. Raccontare storie, raccontare la vita. 

Nel disco le storie che racconti viaggiano su binari diversi. Brani come "Bastiglia" e "Notte Bianca" riguardano più la società che s'impone di questi tempi, mentre gran parte delle altre raccontano di amori travagliati, quasi sempre andati a finire male.
"Stavo lavorando a due progetti che avrebbero dovuto essere due dischi diversi. Uno un concept sulla storia di una coppia dal conoscersi al separarsi pur avendo dei figli e l’altro su scala più sociale, diciamo. Il problema è che non riuscivo a trovare il bandolo della matassa e chiuderne uno, quindi ho buttato tutto all’aria e ho scelto i brani che mi piacevano di più di entrambi i progetti. A quel punto ho scelto il titolo “I ferri del mestiere” proprio perché erano solo oggetti di bottega, slegati dal loro progetto originario".
Mi verrebbe da dire "peccato", ma visto il risultato finale mi sembra che la scelta che hai fatto sia quella più riuscita. Ma è stato frustante arrivare a questo impasse, almeno fino a che non hai buttato tutto all'aria?
“Si”

Allora esaminiamoli questi due aspetti: Quando hai scritto Bastiglia, credo ti riferissi all'ascesa del "Movimento 5S" e dei nuovi personaggi della politica che hanno monopolizzato la scena politica, con un'ascesa ed una caduta abbastanza repentina
Sul movimento 5 stelle era più “Il mondo che faremo” da “Troppo tardi” del 2015. “Bastiglia” è più sulla presa del potere in generale che in questi anni ha visto una escalation dell’uomo della strada visto come il grande solutore. Il fatto di votare uno perché “È uno del popolo”. Oltre al richiamo a Salvini, che è il polo politico più incisivo di questi ultimi anni, c’è anche un verso rivolto a tanti elettori di sinistra nostalgici degli anni settanta che penso siano, tutto sommato, abbastanza speculari alla lega nord per vari aspetti. Sempre sul movimento 5 stelle anche “Togliamoci il pensiero” del 2012 secondo me anticipava bene come saremmo andati a finire, così come “Criceti” raccontava il mondo del lavoro che oggi vediamo e che in realtà era già sotto gli occhi di tutti.
La colpa forse è di questa spettacolarizzazione della politica, dove chi urla a sensazione viene più ascoltato, mentre dall'altra parte si è persa totalmente la voglia di confrontarsi sulle idee. Sono sparite di fatto le sezioni di partito che erano vere scuole di formazione, mentre oggi sembra che tutti possano raggiungere il potere senza pensare di averne reali capacità.
Io mi ricordo che in un circolo ARCI di Sassuolo dove andavo sempre io quando una sera arrivarono due marocchini a bere qualcosa si alzarono in venti per dire che dovevano fare la tessera e se gliela si pagava noi non valeva. Emilia-Romagna, 1988, PCI al 65% alle elezioni. Sempre nello stesso posto, se uno parlava in maniera leggermente effemminata era considerato un frocio e comunque, meglio ladro che frocio perché il ladro lo aggiusti, il frocio no. Sempre Emilia profonda, sempre 1988, sempre PCI al 65% alle elezioni. In realtà adesso abbiamo una coscienza su certi temi che prima non avevamo. Chiaro, il fatto che la comunicazione abbia subito una accelerazione esponenziale comporta che tutti abbiano il proprio pensiero amplificato laddove prima rimaneva al bar. Sono questi i momenti difficili, dove si decide se la transizione passa da uno scontro selvaggio o da una mediazione. Per questo penso che oggi sia importante essere, tutto sommato, dei riformisti piuttosto che dei rivoluzionari".
Ma per riformare bisogna avere gli strumenti adatti, e trovarli oggigiorno credo sia più difficile che in passato, perché se non ci si ciba di cultura le idee non possono nasce re e svilupparsi. Non ti sembra che questa sia un'epoca più edonista di quella dei famigerati anni 80?
"Onestamente non so. A me, tutto sommato, sembriamo sempre le stesse persone e tutti i cambiamenti da un’epoca all’altra mi sembrano dettati dalla contingenza. C’è, sulla presa del potere, una novella del Verga che cito SEMPRE che si chiama “Libertà”. In quella e in “Pane Nero” penso ci siano più o meno tutte le varie declinazioni dell’uomo. Sono novelle di cento anni fa, ma trasposte in chiave attuale penso siano attualissime. Questo è quello che cerco di fare con le mie canzoni. Raccontare storie che siano radicate nel mio tempo ma che possano andar bene per ogni epoca. Senza paragonarmi a Verga, chiaro. Quello è un modello, anche solo sfiorarlo di striscio mi renderebbe orgoglioso in maniera imbarazzante".

Beh, mi sembra una bellissima aspirazione e chi riesce a scrivere storie credo lasci sempre qualcosa dietro di sé che valga la pena di seguire. A proposito di storie, nel tuo disco ci sono delle canzoni veramente clamorose come "Lungomare" dove racconti la riviera con i suoi losers poco beautiful che si muovono in una serie di quadri paesaggistici pieni di rimpianti. Una canzone all'altezza del primissimo Springsteen che infarciva le sue canzoni di testi lunghissimi e personaggi indimenticabili.
Grazie. È un pezzo nato guardando una rosticceria di Torre Pedrera, in provincia di Rimini. Rosticceria nella quale non sono mai entrato, peraltro. La prossima volta ci vado e gli lascio una copia del disco e poi glielo dico.
A questo punto mi incuriosisce sapere se i personaggi della canzone sono reali o di pura fantasia.
Pura fantasia. La cosa più comune di chi racconta storie è di guardare le persone e immaginarsi le loro vite. Poi, prendendo un pezzo da uno è un pezzo dall’altro, costruire un personaggio fatto e finito. A quel punto, se il lavoro è fatto bene, in tanti si riconosceranno, proprio perché stai parlando un poco di tutti quanti.
In “Notte Bianca” credo che questo sia riuscito alla perfezione, credo che chiunque possa dire "parla di me". Mentre per quanto riguarda il capitolo "amore" del disco, ci sono i diversi aspetti che citavi in precedenza: "Speriamo che sia Lei" è una bellissima canzone sull'attesa e la fase d'innamoramento. "Abito da sera" apre un po' la porta alla disillusione, mentre "Tradimento" è un po' la conseguenza di quella "Guerra degli affetti" che rompe l'idillio.
Eh, sono tutti pezzi nati guardandosi in giro. In particolare, sulla genesi di “Speriamo che sia lei” faccio spesso un monologo carino dal vivo che spero un giorno tu abbia occasione di sentire, perché vedo la gente che si spacca dalle risate.
Vederti dal vivo è un po' un problema, visto che i tuoi live sono sempre collocati al nord, ma non disperiamo. È difficile trovare date lontano da casa? da cosa dipende? scarsa attenzione oppure opportunità diverse che si presentano?
Coprire i costi della trasferta unito alle ferie da prendere sul lavoro
Allora Ti devo invitare d'estate. Non voglio rubarti altro tempo, ma vorrei chiudere con un paio di domande. La prima è su "L'altra canzone del sole" che rappresenta un po' la summa di tutto il disco, ma che credo sia penalizzata dal fuorviante richiamo al brano di Battisti. Cos'è una furbata un po' ruffiana (non credo) oppure un sincero omaggio?
“È un pezzo che tirava in ballo il sole, come simbolo di una attitudine positiva. Quando è stata ora di pensare il titolo pensavo che avrebbe dovuto chiamarsi “La canzone del sole” ma c’era già. Quindi, mi sono detto, “L’altra canzone del sole” per distinguerla dalla prima. Tutto lì”.


Foto di Cristina Malagoli

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