No Strange - "Mutter Der Erde" (Area Pirata/Psych-Out, 2019) Recensione


Il ritorno sulle scene dei No Strange, una delle cult-band del revival neo-psichedelico italiano degli anni '80, avvenuto nel 2011, ha ridato vita attraverso cinque ottimi album dei quali uno live, ad un genere che oggi sembra sepolto dalla storia. Eppure ogni nuovo album del combo torinese, è capace di annullare di colpo questa sensazione, seppure non sia destinata ad un pubblico di massa.
Come è avvenuto anche per i precedenti dischi, l’approccio a "Mutter Der Erde" ("Madre della terra" in italiano") richiede impegno, attenzione e dedizione per poterci entrare in sintonia. Non che non debba essere così per qualunque opera discografica, soprattutto in sede di recensione, ma nel caso specifico sappiamo bene che Salvatore ‘Ursus’ D’Urso e Alberto Ezzu, proporranno nei solchi del disco un viaggio nella musica “totale” nel quale immergersi con lo spirito e la mente liberi dalle influenze di ogni stereotipo, persino quello a loro più congeniale della psichedelia.

Il titolo è un omaggio alla compianta Jutta Taylor Nienhaus, cantante degli Analogy - mitico gruppo psych-prog italo-tedesco degli anni '70 - con cui i No Strange avevano avviato una collaborazione poi interrotta a causa della sua scomparsa. Come sempre i No Strange si circondano di diversi musicisti per ampliare il loro spettro sonoro e da corpo ai dodici brani dell’album che spiccano per essenzialità con un ritorno alla “forma canzone” che certamente giova al complesso dell’opera. Tra i collaboratori troviamo la cantante di origine armena, Rita Tekeyan, per un brano, "Kilikia" , mutuato dalla tradizione canora del suo paese, con parole del poeta Komitas. Due musiciste di estrazione classica come la violoncellista e flautista Simona Colonna e la viellista e violinista Stefania Priotti, che si affiancano a Riccardo Salvini e Gabriele Maggiorotto, basso e batteria della giovane band psych rock torinese Indianizer. A dare un contributo importante anche i sintetizzatori di Matteo Martino e i possenti interventi vocali di Paola Scatena.  
Le atmosfere del disco si fanno più immediate e se vogliamo segnano un ritorno alla primigenia esperienza del gruppo dove il folk era in maggiore evidenza e qui ben espresso da brani come “Stalattite”. Ma la cosa migliore di “Mutter der Erde” è quella di far immergere l’ascoltatore in un mondo di musica fatata e totale dove si viene trasportati in viaggi onirici (“Voyage dans la lune”), per poi immergersi in atmosfere mistiche (“Madre della terra”) e finire in mondi e culture apparentemente lontani come nella già citata “Kilikia”. Atmosfere che vengono evocate di brano in brano senza mai scadere nel puro esercizio di stile, ma che servono a guidare l’ascoltatore in un viaggio totalizzante che non ha punti di partenza, ma che non cerca neanche porti sicuri di approdo. Un’esperienza d’ascolto nella quale immergersi e lasciarsi trasportare per il solo piacere della scoperta e dell’arricchimento culturale.
“Mutter der Erde” rappresenta la perfetta sintesi della storia dei No Strange dagli anni ottanta ad oggi. Una storia fatta di studio e riproposizione filologica di stili musicali che non saranno mai di moda ma neanche passeranno mai di moda, capace sempre di sorprende ed emozionare come ben sintetizza la nuova versione di “Trasparenze e suoni”, brano compreso nel loro disco d’esordio del 1985, ed oggi utilizzato come ponte tra passato e futuro.  Ancora una volta Ursus ed Alberto centrano il bersaglio, restando fedeli a sé stessi e mantenendo viva una tradizione musicale anche, e perché no, profondamente italiana che deve essere destinata a durare ancora a lungo.


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