Intervista a Tiziano Rimonti (Area Piarata Records)



Tra le etichette discografiche che operano in Italia in questi anni, Il Circolo Area Pirata di Pisa, si distingue tra le più attive in ambito garage, punk e psichedelia attraverso produzioni nuove di grande spessore e ristampe di album finiti troppo presto nel dimenticatoio. Abbiamo rivolto a Tiziano Rimonti, che insieme a Jacopo Giannetti cura sia l'etichetta che il canale di distribuzione, alcune domande via e-mail, per conoscere meglio la filosofia che si cela dietro il loro ottimo lavoro.
Tiziano, iniziamo con il presentare il Circolo Area Pirata cosa vi ha spinto a crearlo e quante persone vi sono coinvolte?
L’idea era (e rimane) quella di un’etichetta che potesse supportare nuovi progetti di band in attività, ma anche curare qualche ristampa mirata a cui ancora nessuno aveva pensato. Al di là dei diversi supporti indispensabili su più fronti, Area Pirata nasce bicefala, frutto delle mente contorta mia e di Jacopo.
L’anno prossimo festeggiate se non sbaglio il decennale di attività. Quanti dischi avete prodotto e quali sono quelli che vi hanno dato maggiore soddisfazione?
In effetti il Circolo Area Pirata ha ripreso l’attività di Area Pirata, che come etichetta, mailorder e aspirante prime mover, nasce attorno al 2003, almeno nella veste in cui la conosciamo, anche se la sua attività di distro è addirittura precedente di un’altra decina di anni circa… Sì, siamo vecchietti della scena ormai… ahahahah.
Tra produzioni complete e coproduzioni ci stiamo sempre più avvicinando a quota 200… Al momento siamo oltre 170…
Dirti quale disco ci ha dato maggiori soddisfazioni è difficile, sono davvero molti. Ma una delle soddisfazioni che sicuramente abbiamo avuto in questi anni è stato di crescere assieme ad alcune band. In qualche caso queste erano già mature, in altri invece erano acerbe e sono cresciute oggettivamente con noi, questo ti dà obbiettivamente una grande soddisfazione perché ti fa capire che il tuo ruolo ha ancora un senso. 
Qual è il vostro raggio d’azione (generi trattati/ numero di copie stampate per ogni disco ecc)’
Il raggio è abbastanza vasto, chiunque dia un occhio al catalogo se ne può rendere conto, ma quello che più ci interessa è l’attitudine e, alla fine, la complicità con la band. E’ necessario che il supporto sia reciproco per poter crescere entrambi. A volte la fiamma si spegne o ci sono incomprensioni, e allora il rapporto con la band può esaurirsi, ma più spesso prosegue con sempre maggiore vigore. Mi sa che sono andato un po’ fuori tema… Comunque i generi appunto vanno dal Garage al Punk Rock, dal Beat alla psichedelia e infine al R’n’R, non disdegnando qualche ristampa in ambito anche HC-Punk. Tirature basse, ahinoi, il mercato è quello che è… La tiratura media è di 300 copie, salvo rare eccezioni.
Come impostate il lavoro con i gruppi che pubblicano i dischi con la vostra etichetta? Siete voi a sceglierli o sono loro a proporsi visto lo standard qualitativo che riuscite a garantire?
Noi cerchiamo di dedicarci di solito alla promozione sfruttando tutti i canali che abbiamo a disposizione, quindi cerchiamo di mettere in campo anche una buona distribuzione del disco stampato. Ti ringrazio per lo standard qualitativo! La situazione è mista, più spesso sono le band a proporsi, ma anche capitare che contattiamo qualcuno in particolare.
La vostra attività consiste nel pubblicare dischi con una certa regolarità ed anche a ritmi serrati, non vi limitate a poche produzioni annuali. Come ci riuscite visto quanto sia asfittico il mercato discografico di oggi?
Non è semplice, ma parti sempre dal presupposto che noi lavoriamo in pareggio, cioè per noi non teniamo niente, ma reinvestiamo tutto nell’etichetta, quindi alla fine gli incassi maggiori su una produzione servono a compensare le perdite di un’uscita che è andata peggio e se tutte vanno benino, ci sono i soldi per un’altra produzione e così via. Sicuramente il fatto di avere un vasto catalogo, in questa fase di crisi, ci sta aiutando.
Vendete di più attraverso i vostri canali di mail order o utilizzando i negozi sparsi sul territorio?
I negozi, che copriamo di solito con i nostri distributori, rappresentano di solito una fetta che è circa la metà delle vendite dirette che facciamo da soli col nostro sito o con Bandcamp e Discogs.
Nonostante il periodo di lockdown dovuto alla pandemia di Covid-19 siete riusciti comunque a mantenere vivo il vostro programma di uscite. Tutto questo ha influito in qualche modo in maniera negativa sul vostro fatturato?
In questa fase le vendite dei distributori sono calate ancora, ma per fortuna le vendite dirette sono leggermente aumentate e quindi al momento siamo messi come lo scorso da un punto vista strettamente matematico.
Nella situazione attuale quale credi sia il danno maggiore che un po’ tutto l’ambiente musicale rischia di subire?
Il rischio maggiore è per le band in attività, quelle che basano il loro appeal sui live e sul fatto di girare l’Italia o l’Europa, specialmente le band più giovani che devono farsi conoscere, ma anche i vecchi leoni che spesso sono attesi live per la conferma del loro stato di forma… In questa fase siamo stati costretti a bloccare tutte le uscite che non fossero già programmate e pronte a metà Febbraio, privilegiando invece il discorso ristampe. Siamo abbastanza amareggiati perché al di là dell’entusiasmo che possiamo mettere in una ristampa, l’ultima in ordine di tempo è quella del Last White XMas, a cui teniamo particolarmente, però produrre una band che suona in giro, che propone cose nuove, resta per noi una priorità che al momento siamo costretti a sacrificare.
Dall’alto del tuo osservatorio come giudichi l’evoluzione, se secondo te c’è stata, della scena rock italiana di quest’ultimo decennio?
Io penso che la scena italiana, in senso lato, cioè che si parli di garage o di punk o di psichedelia… sia sempre più apprezzata anche all’estero, certo i numeri sono bassi, ma lo sono un po’ a qualunque latitudine, ma ti posso dire che nonostante il 90% delle nostre band siano italiane, le nostre vendite avvengono per più della metà all’estero. Al di là del fattore economico, mi sembra un buon segnale di apprezzamento.
Sicuramente resta il problema degli spazi in cui suonare, ma la maggior parte delle band cerca di fare rete e spesso c’è un supporto reciproco che ha permesso a tutte le scene di crescere o almeno di ‘mantenersi’.
State per pubblicare un documento sonoro relativo alla scena hardcore toscana degli anni ’80 ci racconti come nasce questo progetto Last White X-Mas e che anni erano quelli a Pisa e non solo?
Per ragioni anagrafiche non ho vissuto direttamente quegli anni, l’inizio degli anni ’80, solo alla fine di quel decennio ho iniziato a frequentare ad esempio lo storico CSOA Macchia Nera, che è stato un punto riferimento essenziale, sia sul piano musicale, che poi anche su quello sociale e politico. Ma nei primi anni ’80 c’era davvero poco, finché non venne fondato il Victor Charlie, nonostante questo ciò che si respirava era la voglia di libertà, una vera creatività che andava oltre gli steccati, i confini di genere, e c’era una contaminazione che faceva crescere tutte le scene. Questo mi hanno riportato quasi tutti quelli che hanno vissuto quel periodo. Si cercava un’unita e un mutuo soccorso da contrapporre a una società che ti ghettizzava in maniera prepotente.
Come vedi il futuro di Area Pirata?
Abbiamo ancora tanti progetti e ci sono ancora tante band che vogliamo supportare, quindi dovrete a sopportarci ancora per qualche anno!!

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