Trip Hill - "Aint Trip Ceremony" (Bad Afro, 2021)

 



La musica riconducibile al genere “psichedelia” ha una tradizione ben consolidata anche in Italia ed ha vissuto piccole età dell’oro seppure sviluppate sempre in ambito underground. Tra i tanti musicisti che continuano ancora oggi a sviluppare musica di pregevolissima fattura in quest’ambito c’è Fabrizio Cecchi  che con il suo moniker di Trip Hill porta avanti da metà anni novanta una ricerca sperimentale pubblicata in diversi album, dapprima pubblicati su cassetta e poi su vinile da diverse label, fino ad arrivare alle più recenti autoproduzioni, che sebbene siano edite su cd-r attraverso il suo personale Bandcamp, hanno una cura grafica (copertine in legno realizzate a mano) e sonora che nulla hanno da invidiare a release ufficiali.

Uscito originariamente un anno fa proprio in questa veste l’ultimo lavoro “Ain’t Trip Ceremony” sta per essere pubblicato su vinile da una delle migliori etichette indipendenti europee, vale a dire la Bad Afro. Nonostante le difficoltà prodotte in quest’ultimo anno e mezzo dalla pandemia, Cecchi è riuscito a riunire un gruppo di amici musicisti in studio per dare corpo, attraverso gli otto brani che lo compongono, ad un poliedrico viaggio sonoro dove vengono esplorati i molteplici mondi psichedelici che riempiono l’immaginario sonoro dell’autore.

Partendo dal singolo “Dropside” accattivante brano in puro stile shoegaze, il disco varia di brano in brano in diverse direzioni senza mai dare cenni di confusione, quanto invece riuscire a creare un compiuto senso d’unione. La successiva “Automatic” richiama alla mente le cavalcate elettriche degli Spiritualized.

Con “Trai Tim Thin Yew” le atmosfere pur restando decisamente elettriche spingono in un ambito più etereo, merito certamente del lavoro fatto sulle parti vocali, decisamente oscure, che hanno il compito di preparare il terreno alla crescente parte strumentale dove solidità ritmica e riffs chitarristici si integrano alla perfezione per alimentare una tensione di cui non si vorrebbe mai sentire la fine.

La successiva “Spam Maid” è una sorta di spartiacque dell’album che spinge ancora di più l’acceleratore verso il trip psichedelico, attraverso le sue atmosfere tipicamente kraut rock alimentandone il senso più ipnotico.

Il quinto brano in scaletta “Tame Ùkan” riporta di poco indietro l’orologio del tempo rispetto al brano precedente, affondandolo in piena epopea sixties, mantenendo sempre alta la tensione lisergica. Segue poi “Ralph's Heart Attack” che è il brano più canonicamente rock dell’intero album.

A seguire arriva “Pan” che si apre su delicate trame acustiche per portare l’ascoltatore in un ambito più mistico, quasi ad accoglierlo in grembo e cullarlo con la sua dolce melodia arricchita dalle trame elettriche che arrivano in un secondo momento e viaggiano all’unisono di quelle acustiche, creando un effetto piacevolmente accattivante.

Il disco si chiude con “What Happened to Will” brano che ruota ad un corposo giro di basso che duetta con le chitarre per creare un vortice sonoro sul quale vengono innestate voci abbastanza oscure che creano un effetto quasi noir.

“Ain’t Trip Ceremony” è un signor disco, tra le cose migliori che si possono ascoltare quest’anno, che seppure usi linguaggi sonori ampiamente noti, riesce a risultare fresco in ogni suo passaggio, complice anche il minutaggio riservato ad ogni singola canzone (in soli due casi si superano i 5 minuti di durata) che evitano di impegnare l’ascoltatore in una lotta per tenere alta la soglia dell’attenzione, quando si tratta di affrontare le cavalcate psichedeliche.

Il disco esce il prossimo 29 ottobre

 quì potete ascoltare Il singolo Dropside

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