20 dischi per ricordare il 2021 (Gli album più ascoltati nell'anno)

 




Le classifiche di fine anno sono oramai una consuetudine un gioco che non pretende di essere, almeno quì, una verità assoluta. Questi sono i nostri migliori dischi dell'anno, perché alla fine sono quelli che ho ascoltato di più. 

1.     


1. Pist Idiots – Idiocracy
Anche quest’anno il rock australiano ha sfornato diversi dischi di pregevole fattura nel solco di una tradizione oramai consolidata, sebbene non abbia più la grande visibilità di metà anni 80 e, tolte poche eccezioni (Tame Impala, Pond, Tropical Fuck Storm, King Gizzard & The Lizard Wizard, Rolling Blackouts Coastal Fever) difficilmente vengono poste all’attenzione da media e siti web specializzati. Tocca come sempre al fiuto dei curiosi oppure al passaparola molto sotterraneo per scoprire gruppi eccellenti come i Pist Idiots nascosti nel sottobosco della musica mondiale.
“Idiocracy” è il primo album del quartetto nato e cresciuto nei pub dei sobborghi di Sydney, che arriva dopo tre eccellenti Ep infarciti di singoli dove le chitarre taglienti, figlie della migliore tradizione punk, conducono melodie da cantare a squarciagola. Dentro questo disco se volessimo trovare una sintesi potremmo dire che si possono sentire gli Idles che incrociano The New Christs nei brani più duri (la Title track, “Deadshit”, “Into The Red”, “Street Fighter”), ma anche la migliore tradizione del songwriting aussie rock nei brani più “morbidi” come “She Yell jack”, il singolo “Juliette” e nella superba ballata mid tempo “Light Up Your World” che rimanda ai migliori Leadfinger.
Disco magnifico di difficile reperibilità (consiglio di andare direttamente sul loro bandcamp) che si merita in pieno la palma di disco dell’anno di Sotterranei Pop.





2


2.     Arab Strap - As Days Get Dark
Dopo una lunga pausa, gli Scotlanders sono tornati in studio per creare il film intitolato As Days Get Dark ; il loro primo LP pubblicato a sedici anni di distanza dall’ultimo, “The Last Romance” .
Anche prima della fine del millennio, Aidan Moffat e Malcolm Middleton hanno contribuito a definire il suono dell'indie underground degli anni '00, virandolo in chiave post-rock, ed oggi tornano non tanto per cavalcare il probabile revival di quegli anni, quanto per affermare ancora una volta la centralità del loro ruolo in un ambito musicale se vogliamo, ancora oggi da scoprire. E lo fa con questo “As Days Get Dark”  che altri non è se non una lettera d'amore alla natura coraggiosa e ambiziosa su cui la band ha costruito il suo seguito.



3.


 3. 
Amerigo Verardi – Un Sogno di Maila
Penso di non dire un’eresia se affermo che Amerigo Verardi sia stato uno dei musicisti più influenti della scena italiana sin da quanto ha messo la sua arte a disposizione dei progetti Allison Run o Lula (tanto per citarne un paio che lo hanno visto assoluto protagonista), per non parlare di altre tantissime collaborazioni.
Dopo l’ottimo “Hippie Dixit” del 2016 Verardi torna con un’opera ancora più ambiziosa e ben riuscita. “Un Sogno di Maila” un concept album incentrato sul sogno dove l’autore racconta il viaggio della protagonista attraverso suoni che usando il linguaggio della psichedelia, ne fondono diversi aspetti coniugando le visioni esoteriche e orientali, volte all’affermazione del tempo liberato e della bellezza dell’esistenza. Un disco speciale ricco di suoni e strumenti, tutti suonati dall’autore, e impreziosito dalla bellissima confezione a libro che ne conserva l’edizione in vinile.




4

4.  Idles – Crawler
Dopo tre album che li hanno proiettati ad essere gli alfieri del rock più antagonista in circolazione, gli Idles avvertono l’esigenza di un deciso cambio di rotta che possa aprire nuove strade espressive e che li allontanassero dalla pericolosa deriva di finire nel vortice di una cifra stilistica che rischiava di diventare de-evolutiva, come si avvertiva nel precedente album “Ultra Mono”.
"Ultra Mono' era una caricatura di chi eravamo, e abbiamo scritto quella caricatura intenzionalmente per ucciderla", ha detto il cantante Mick Talbot a NME in una intervista sul nuovo album. L'obiettivo era quello di rompere i legami con i vecchi IDLES e diventare una band completamente nuova; 'Crawler' fa a pezzi l'idea di cosa siano gli IDLES, come possono suonare e cosa rappresentano. I testi sono più rivolti a guardare dentro se stessi piuttosto che osservarsi da un punto di vista esteriore che rifletteva sul sociale piuttosto che sul personale.
Ecco allora che l’album rappresenta un nuovo trampolino di lancio di una carriera già piena di successi.



5   


5.
Jackson Reid Briggs and The Heaters ‎– Waiting In A Corner
Ancora un pezzo di Australia in questa classifica, e non sarà l’ultimo, per confermare quanto la scena Aussie-rock, di questi anni, seppure non omogenea, sia viva ed interessante come non accadeva da tempo. Anche il quinto album di Jackson Reid Briggs and The Heatersarriva a confermare questa tesi infatti, “Waiting In A Corner” mostra una band che evolve il suo classico suono garage punk accentuando la vena noise e dilatandone la struttura dei pezzi, creando un vero assalto alle “sacrosante orecchie” (cit.) dell’ascoltatore. Una sorta di caos ordinato che suscita meraviglia traccia dopo traccia seppure i testi mettano in evidenza il dolore per un amico perduto ("If You Only Knew" e “Look Me In The Eyes”) o la riflessione sulla crescita personale per costruire una società migliore o sul senso di cambiamento necessario per raggiungere questo traguardo (“Feel It”). Il tutto incastonato in un selvaggio e godurioso suono rock’n’roll.




6.    


6
Elli De Mon – “Countin’ The Blues – Queens of the 1920’s
Elisa De Munari
,  da quanto ha intrapreso una carriera di one-woman band con il nome d’arte di Elli De Mon, girando il mondo in solitario, ha approfondito il suo amore per il  blues arrivando ad  uno dei suoi massimi punti di espressione  con questo “Countin’ The Blues – Queens of the 1920’s” disco riservato a ripercorrere gli albori del blues attraverso le canzoni di dieci interpreti femminili che hanno rappresentato una vera rivoluzione per i temi trattati nei testi tutti volti all’emancipazione femminile dell’universo black woman.
Il disco è nato dopo che Elisa ha pubblicato il libro “Countin’ The Blues – Donne Indomite (Arcana, 2020) dove ha approfondito gli studi su queste artiste afroamericane che all’inizio del ventesimo secolo aiutarono le donne a trovare la loro voce per farsi sentire. Donne che sfidarono i rigidi limiti imposti dalla morale dell’epoca, guadagnandosi anche una pessima reputazione, ma che furono capaci di usare il blues come mezzo per raccontare la verità ed essere alla costante ricerca di un’emancipazione che appariva lontanissima da raggiungere.



7     


7
Cutters – Australian War Crimes
In attesa di cimentarsi con un album d’esordio, oramai attesissimo, gli australiani cutters hanno pubblicato in questo 2021 tre dischi di pregevole fattura dove mettono in mostra una miscela di pub e punk rock riportata in auge in questi anni da gruppi come The Chats e Skeggs.
Il titolo dell’Ep è riferito alla causa in corso in un tribunale di Sydney a carico di Ben Roberts-Smith , il soldato vivente più decorato d'Australia, che incarna il prototipo di macho australiano, autore di imprese eroiche in Afghanistan ma anche accusato di crimini feroci contro i prigionieri per come emerso nel  “Rapporto Brereton” dell'anno scorso sui crimini di guerra commessi dalle SAS (Special Air Service corpo militare d’élite) in Afghanistan. Quel rapporto ha ispirato la title track di Australian War Crimes, in cui i cutters chiedono "Di chi paghi i salari? Di chi si prendono le vite? " una giustapposizione interessante: la musica alcolica aggressiva del pub rock australiano e il lato oscuro alcolico aggressivo della mascolinità australiana. Tema sviscerato anche in un altro brano dal titolo “Id Rather Die Than Live In Rye” , in cui puntano il dito contro la rabbia che spinge così tanta violenza nella nostra società.



8.      


8. Ron S. Peno & The Superstitions – Do The Understanding
Figura storica della scena rock australiana con cui ha espresso capolavori come “Free Dirt” con i Died Pretty, Ron S. Peno da anni vive un felicissimo connubio artistico con i Superstitons con i pubblicato quattro dischi dei quali questo “Do The Understanding” ne conferma qualità ed ispirazione. Nato dopo i gravi problemi di salute, per fortuna risolti, che hanno colpito Ron S. Peno,

“Do The Understanding' è un album bellissimo e affascinante, pieno di una purezza espressiva straziante e un tagliente aspro e grintoso. È un'affermazione della potenza e della chiarezza dell'indie rock e sembra uno sviluppo caldo e naturale del passato di Peno. Melodie indelebili, voci distintive e un mestiere di songwriting si combinano per produrre canzoni magnifiche.




 9. 
Snail Mail – Valentine
“Valentine” è il secondo album che Lindsey Jordan firma come di consueto con il monicker di Snail Mail e documenta l'amore in tutte le fasi, soprattutto in rovina. La tavolozza con cui colora queste canzoni, si estende oltre i rosa e i rossi: c'è il verde invidioso di vedere un vecchio amore accanto a qualcun’altro, il nero consumante di toccare il fondo e, occasionalmente, il blu chiaro della felicità senza peso, per quanto fugace. Valentine conserva la squisita vulnerabilità che ha reso il primo disco di Snail Mail così avvincente, ma il suono di Jordan è più energico, i suoi punti di riferimento più vari, la sua scrittura più tonica. In Lush, ha esplorato le possibilità espressive ma limitate di una rock band di tre elementi; mentre in questo nuovo album, flirta con il pop, affilando i suoi ganci, aggiungendo i sintetizzatori e gli archi. Laddove alcune parti di Lush si sono rivelate lentamente, conservando i loro segreti per l'ascolto attento, Valentine è più immediato, cattura l’ascolto per tutta la durata del disco.




10
Trip Hill - "Aint Trip Ceremony"
La musica riconducibile al genere “psichedelia” ha una tradizione ben consolidata anche in Italia ed ha vissuto piccole età dell’oro seppure sviluppate sempre in ambito underground. Tra i tanti musicisti che continuano ancora oggi a sviluppare musica di pregevolissima fattura in quest’ambito c’è Fabrizio Cecchi che con il suo pseudonimo di Trip Hill porta avanti da metà anni novanta una ricerca sperimentale pubblicata in diversi album. In "Aint Trip Ceremony" nonostante le difficoltà create dalla pandemia, Cecchi è riuscito a riunire un gruppo di amici musicisti in studio per dare corpo, attraverso gli otto brani che lo compongono, ad un poliedrico viaggio sonoro dove vengono esplorati i molteplici mondi psichedelici che riempiono l’immaginario sonoro dell’autore.
“Ain’t Trip Ceremony” è un signor disco, tra le cose migliori ascoltate quest’anno, che seppure usi linguaggi sonori ampiamente noti, riesce a risultare fresco in ogni suo passaggio, complice anche il minutaggio riservato ad ogni singola canzone (in soli due casi si superano i 5 minuti di durata) che evitano di impegnare l’ascoltatore in una lotta per tenere alta la soglia dell’attenzione, quando si tratta di affrontare le cavalcate psichedeliche.





11. 
Bobby Gillespie & Jehnny Beth – Utopian Ashes
Sebbene accreditato ai soli nomi dei Gillespie e Beth, “Utopian Ashes” può essere definito come l’opera prima di un supergruppo che fonde i Primal Scream  con i Savages, visto che tutti gli altri menbri delle rispettive band sono accreditati come musicisti coinvolti nel progetto ideato da Bobby Gillespie & Jehnny Beth. L’album è un concept che segue una relazione a lungo termine in rovina con entrambi i partecipanti che cercano di trovare di nuovo l'amore perduto, seguendo un mood in cui la musica relativamente cupa, ma meravigliosamente melodica, malinconica, ma mai deprimente, con archi sontuosi ed una marcata attitudine soul. Sebbene si tratti di un racconto immaginario, come hanno dichiarato i protagonisti, la loro bravura nello scrivere ed interpretare le canzoni rende la storia reale come meglio non si potrebbe.



    


12. Bevis Frond – Little Eden
L’uscita di un nuovo album di Nick Saloman rappresenta da decenni un appuntamento irrinunciabile non solo per i fan più fedeli della sigla Bevis Frond che sanno già cosa aspettarsi di trovare nei solchi del disco. Little Eden non fa eccezione non solo nel confermare la bravura tecnica dei musicisti coinvolti, ma ancora una volta constatare come Saloman riesca ancora a scrivere in modo chiaro, cantare in modo evocativo e suonare in modo ancor più emotivo. Il suo senso su come strutturare e mettere in sequenza un disco è intelligente come sempre, e mostra come le venti canzoni dell’album siano assolutamente magnifiche come sempre.



   


13. Iosonouncane – Ira
La prima sensazione avvertita all’ascolto di questo album, è quella di quanto siano lontani i lavori precedenti di Incani arrivato ad un’evoluzione sonora impensabile per chi ha composto album come “Die” e “La Macarena su Roma”. “Ira” è un album difficilissimo da assimilare ma che riesce ad indurre l’ascoltatore in un’esperienza totalizzante, avvinghiandolo in un vortice di suoni cupi e claustrofobici, con i testi quasi incomprensibili cantati in lingue diverse: inglese, francese, arabo, spagnolo e non solo, modulati dalla voce usata come strumento aggiuntivo all’elettronica ed alle percussioni predominanti che rendono il prodotto quanto di più straniante e coinvolgente è possibile ascoltare oggi. Un disco che annulla ogni possibile certezza acquisita nel tempo e spinge verso un futuro difficile da decifrare.



   


14. Split Single – Amplificado
Di tanto in tanto, quando libero dall’impegno come bassista della Bob Mould Band, Jason Narducy torna a rispolverare la sigla di Split Single nella quale compare come autore principale. In “Amplificado” viene accompagnato alla batteria dal socio di mille battaglie Jon Wurster (Superchunk, Bob Mould, The Mountain Goats) e da un’icona della musica americana come il bassista dei R.E.M. Mike Mills. Il risultato prodotto è una decina di canzoni deliziose ricche di chitarre sferraglianti unite a melodie irresistibili e ganci pop perfetti. Disco ideale per le radio rock e per un ascolto spensierato e divertente.



   


15. The Reflectors – Faster Action
Lo scorso anno con il loro disco d’esordio “First Impression” si assisero al primo posto di questa nostra classifica con un disco impeccabile di power pop spensierato ricco delle migliori influenze di band come Buzzcocks e Undertones. “Faster Action” ne ripercorre le orme con ottime canzoni come nel precedente disco anche se, venuto meno l’elemento sorpresa, non colpisce come avrebbe dovuto essere. Una buona conferma ma che deve essere vagliata e variegata nel prossimo futuro.



   


16. Giancarlo Frigieri – Sant’Elena
Giancarlo Frigieri
è oramai una solida certezza dalle parti di Sotterranei Pop. Avendone seguito passo dopo passo la carriera in questi lunghi anni, ancora ci stupiamo di come il cantautore emiliano sia in grado di sfornare album sempre diversi. Ecco che per questo Sant'Elena, Frigieri ha scelto di proporre agli ascoltatori un disco scarnificato al massimo presentando le nuove canzoni solo in versione chitarra e voce registrate in presa diretta quasi come fosse nella versione live con la quale si esibiva prima del lungo forzato stop dovuto al periodo della pandemia che ha azzerato la musica suonata dal vivo. Ecco allora che Sant’Elena diventa l’album della “parola” di Frigieri, quasi a volerci dire di avere storie più da raccontare che da cantare, come se ci trovassimo immersi in un nebbioso inverno della bassa padana, davanti ad un vecchio amico che in compagnia di qualche buon bicchiere di vino, ci ammalia e racconta la sua terra attraverso storie diverse, ma che in fondo ben conosciamo se abbiamo frequentato i suoi dischi nel tempo.



     


17. The Flaming Sideburns – Silver Flames

    Vent’anni dopo loro ormai leggendario debutto "Hallelujah Rock'n'Rollah", The Flaming Sideburns si ripopongono nella loro formazione originaria con questo "Silver Flames" un album che nessuno si aspettava. La formula è quella dell’inossidabile Hi-Energy Rock’n’Roll e garage rock unendo le ispirazioni di The Sonics e The Stooges, alle armonie del rock classico, con spunti di psichedelia e qualche morbidezza pop. Un gran bel ritorno.



   


18.  Black Country New Road – For The First Time
In Inghilterra sono stati già battezzati come “miglior nuova band britannica” grazie alla loro miscela post-genere che riesce a fondere post-rock, klezmer, post-punk, jazz e art-pop, ispirandosi anche a nomi ingombranti come Slint e Tortoise. I sette musicisti dei Black Country New Road prendono in mano questi stili disparati e li trasformano in musica esuberantemente fresca e giovanile, il prodotto di ciò che la band dice essere un processo creativo senza soluzione di continuità e democratico. “For The First Time” dimostra che Black Country, New Road sono un'anomalia tanto necessaria. Ci sono momenti in cui sembra alieno, persino futuristico. Un prodotto del suo tempo,  e ci sono anche momenti che sembrano commoventi. Ecco perché saranno ricordati come una band importante e questo album una pietra miliare significativa nella musica moderna.

   



19.
 Kiwi Jr. – Cooler Returns
Il secondo album dei canadesi Kiwi Jr. conferma quanto di buono l’ottimo “Football Money” aveva lasciato intravedere lo scorso anno. Cooler Returns è anch’esso pieno di riff contagiosi e bontà jangle pop, un disco in cui riescono a perfezionare il disinvolto indie-rock del loro debutto senza perdere nulla del loro fascino sgangherato, espandendo la loro tavolozza ispirata ai Pavement per fare spazio a flash di pianoforte da saloon, organo up-tempo rubinetti e armonica. Tuttavia, ciò che distingue i Kiwi Jr. dai loro coetanei è la loro visione folle del mondo e Cooler Returns li stabilisce come una band troppo fiduciosa per conformarsi; una band che ha tutte le capacità per eguagliare la loro intelligenza lirica.



   


20. Radio Days – Rave On!
Il quarto album dei milanesi Radio Days è senza ombra di dubbio il loro lavoro più riuscito. Rave On! Non sorprende nella formula, il più classico Power pop capace di fondere le miglio fonti d’ispirazione del genere a partire da quelle apertamente dichiarate come The Knack e Paul Collins (presente come ospite in un brano dell’album) a quelle meno immediatamente riconoscibili come Sunnyboys e The Stems, senza dimenticare band di assoluto valore come Rubinoos o Buzzcocks ed Undertones. Ma tutti questi servono solo a dare le coordinate perché le canzoni presenti nell’album sono frutto della vena artistica di una band italiana che non ha nulla da invidiare a quelle che arrivano dall’estero con battage pubblicitari e considerazione maggiori ma non sempre giustificati. Un disco eccellente da assaporare brano dopo brano.


 


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