HOODOO GURUS – Chariot of the Gods (Big Time/EMI, 2022)
Dodici anni tra un disco e l’altro sono decisamente
troppi, anche per una band come gli Hoodoo Gurus che ha scritto pagine
indelebili nella storia del rock, in quarant’anni di attività, seppure con una
breve parentesi di scioglimento effettivo.
Eppure a giudicare da quanto si ascolta in “Chariot of the Gods” il
lasso temporale che lo divide dall’ottimo “Purity of Essence” il
trascorrere del tempo non ha scalfito minimamente la vena creativa di Dave
Faulkner e soci che si sono ripresentati con un disco che è la summa di
quanto proposto in precedenza.
Aperto da “Early Opener” un breve intro in cui dal sottofondo tipico del
vociare tra gli avventori di un bar, si sente in lontananza lo stesso Faulkner
cantare con la chitarra acustica la classicissima “Come Anytime” tratta
dal best seller “Magnum Cum Louder”, prima che l’incedere tribale
della batteria di Nick Reith introduca il vero brano d’apertura che è “World
of Pain”, una ballata mid-tempo grintosa che mette subito in chiaro di
quanto ci sarà da divertirsi all’ascolto di quest’album.
Attorno alla solida sezione ritmica formata appunto dall’ex batterista di Radio
Birdman, The New Christs e Celibate Rifles, che ha sostituito il dimissionario
Mark Kingsmill, e dal basso di Rick Grossman ruotano gran parte dei
brani e che consentono alle chitarre di Faulkner e Brad Shepherd di
liberarsi nella creatività e spaziare come sempre tra eccelsi esempi di power
pop come il singolo “Carry On” o una “Equinox” caratterizzata da
i cori di beatlesiana memoria, ed
il rock venato di pop di brani come “Get Out of Dodge”, “Hang With A Girl”, il
garage di “Don’t Try To Save My Soul” e potenziali hit radiofoniche come
la ballata “My Imaginary Friend” in cui si ascolta il tradizionale
marchio di fabbrica di un grande songwriter qual è Dave Faulkner.
“Chariot of the Gods” non soffre neanche dell’eccessiva corposità di un
disco che presenta 13 brani nella versione cd che diventano ben 16 in quella su
vinile, perché non presenta mai cadute di tono, persino quando si va verso il
finale dove trovano posto alcune tra le migliori canzoni del lotto come la “birdmaniana”
“I Come From Your Future”, la magnifica “Settle Down” che si può
dire, senza ombra di smentita, che diventi un’autentica hit di tutto il
catalogo dei Gurus. La chiusura è affidata “Got To Get Out Of My Life” in
cui viene evocato fin troppo apertamente lo spirito guida di Lou Reed
per mettere un sigillo definitivo a quello che si candida seriamente ad
essere uno dei migliori album del 2022. Bentornati Hoodoo Gurus.
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