Leadfinger - Silver & Black (Golden Robot Records, 2022)
“Silver & Black” è il sesto album dei Leadfinger,
ed è un disco che segna in maniera stupefacente la rinascita di una delle
migliori band dell’Aussie-rock, che ha rischiato seriamente di vedere finita la
sua corsa, dopo che Stewart Cunningham ha dovuto affrontare una lunga
lotta contro il cancro ai polmoni, diagnosticatogli nel 2017 e che lo hanno
costretto a due lunghi anni di cure contraddistinti da un recupero lento ed
incerto. Dopo questo periodo terribile la band (composta oltre che da
Cunningham, da Michael Boyle, Dillon Hicks e Adam Screen) ha cercato di
riprendere il filo del discorso interrotto da “Friday Night Heroes” tra le non
poche difficoltà che sono sopraggiunte con la pandemia di Covid-19 ed il conseguente
lungo lockdown.
Ma non appena i quattro sono riusciti ad entrare nei Rancom
Street Studios di Botany, NSW con il produttore Brent Clark per dare
corpo alle nove canzoni (12 nella versione doppio vinile) che compongono
“Silver & Black”, la magia si è ricreata ed ora è a disposizione di tutti.
Il disco racconta in maniera catartica la malattia vissuta
da Cunningham, in ogni sua fase: dalla scoperta dolorosa che offuscava il suo
futuro, dalla voglia di non arrendersi, fino alla vittoria finale che gli
consente di tornare a coltivare l’amore per il rock’n’roll in maniera piena
come non si pensava potesse più accadere.
Ecco così che ogni canzone ci porta all’interno di una
storia dolorosa ma superata con caparbietà e voglia di non uscire sconfitto, come
racconta il brano d’apertura “Dodged A Bullet” un brano
dall’incedere rock classico sullo stile del migliore Tom Petty, in cui si parla
della scoperta della malattia come un ostacolo insormontabile, che ti svuota di
energie, ti porta a perdere e ritrovare amici con la vita che sembra sfuggirti
dalle mani fino a che non riesci a “schivare il proiettile”.
La successiva “One More day” riporta ai classici toni del “Leadfinger
sound” con la band che riprende a pigiare sull’acceleratore con un riff di
chitarra che apre scenari di rinascita per innestarsi su di un testo in cui il
protagonista non vuole assolutamente arrendersi a quanto il destino sembra
riservargli.
Il power-pop di “Sleeping Dog”, uno dei tre singoli digitali che
hanno anticipato l’uscita dell’album, continua
ad esorcizzare la malattia invitando a non guardarsi alla spalle e continuare a
muoversi e restare vivi.
La successiva You Oughta Know” racconta ancora, intrecciando
melodiosi riffs di chitarra e un ritornello
da cantare a squarciagola, il bello di scrivere canzoni e suonare in una band
che non ha alcuna intenzione (per nostra fortuna) di mollare.
Dopo questa prima fase piena di adrenalina il suona vira sulle ballate mid-tempo
con la magnifica e dolorosa “Find The Words” in cui il nostro
protagonista deve prospettare alla persona amata le cattive notizie che stanno
per arrivare. Un brano propedeutico che apre la strada al capolavoro del disco,
ma oserei dire di tutto il songwriting di Stewart Cunningham: “Fall Of
Rome”. Una canzone meravigliosa sia dal punto di vista musicale dove Michael
Boyle cesella arpeggi di chitarra a volte spinti e a volte in crescendo,
supportato dal dialogo con quella di Cunningham e le solide line di basso di Adam
“Reggie” Screen ed il sostanziale sostegno della batteria di Dillon
Hicks. Il bano parla di un sogno in cui il suo autore paragona la bellezza
della gloria di Roma, che continua a vivere nei secoli anche attraverso la
magnificenza delle sue testimonianze archeologiche, con un amore che passerà
sulle rovine della sua vita per continuare a vivere in eterno.
Subito dopo queste due magnifiche ballate i Leadfinger piazzano altri due brani
killer come “Nobody Knows” e “Stop
Running Away” due veri e propri gioielli del power pop più accattivante.
“Nobody Knows” parla di un ritorno e della ricerca di strade nuove da
percorrere, sconosciute a tutti mentre “Stop Running Away” è un’altra
delle vette altissime di questo disco spettacolare, uno di quei brani destinati
a diventare insostituibili nei concerti per conquistare qualsiasi tipo di
pubblico.
L’album si chiude in bellezza con un’altra ballata evocativa. “Here come
The Bats” è un’altra delle perle di questo disco con il suo intreccio
di chitarre e linee di basso che si rincorrono in primo piano per creare
avvolgenti linee melodiche sulle quali s’innestano le parole cantate da Cunningham:
“A queste parole che canto dalla mia anima/Significano qualcosa/Al mondo
fuori da queste porte/E significano quello che dicono/Quando significheranno
qualcosa per tutti noi?" Una chiosa finale davvero superlativa.
“Silver&Black” è tutto questo, un disco senza cadute di tono. È il capolavoro della
discografia dei Leadfinger, è un capolavoro dell’era moderna del rock
asustraliano
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