Il 2022 in 30 dischi (prima parte)



Riassumere un intero anno in musica con soli 30 dischi è naturalmente riduttivo, e come sempre le classifiche rispecchiano il gusto personale, piuttosto che sintetizzare dei valori assoluti.

Tra i tanti, davvero troppi, dischi ascoltati oltre che acquistati, questi sono quelli che mi hanno fatto vibrare di più e sui quali sono ritornato spesso durante l'anno. In parole povere: quelli che mi sono piaciuti di più e di conseguenza sono i miei dischi dell’anno.


1 – LEADFINGER – Silver & Black (Golden Robot Records)
Dopo uno stop fozato dovuto ad una seria malattia, Stewart Cunnigham scrive un pugno di canzoni tanto personali, quanto universali, incentrati sul tema della malattia e sulla lotta per non arrendersi ad essa, firmando insieme ai suoi compagni (Michael Boyle, Dillon Hicks e Adam Screen) non solo il capolavoro della discografia dei Leadfinger, ma anche un capolavoro dell’era moderna del rock australiano. 




2 – HOODOO GURUS – Chariot of the Gods (Big Time/Emi)
Per festeggiare nel migliore dei modi i quarant’anni di carriera tornano ad incidere un disco a ben 12 anni di distanza dal precedente. La sorpresa è quella di trovare una band talmente ispirata che riesce a mantenere fede al glorioso passato, proponendo canzoni destinate a diventare dei classici come “Settle Down”, “Carry On”, “My Imaginary Friend” e “Answered Prayers” solo per citarne alcune.




3 – CHEAP WINE – YELL (Cheap Wine Records)
Ancora una volta la band pesarese sforna un disco eccellente, fedele alla linea che si sono dati sin dagli inizi della carriera, 25 anni fa: essere fieramente indipendenti, scrivendo musica e parole di alto spessore, inseguire i propri sogni e suonando la musica che si ama, incuranti delle mode che passano senza scendere mai a compromessi.




4 – CHIMERS – S/t (Poop Alley Records/9am Records)
Sebbene la primissima stampa sia uscita sul finire dello scorso anno, il nome di questo strabiliante duo australiano, è iniziato a circolare nel 2022 man mano che venivano pubblicate le quattro ristampe da 40, 50 e 100 copie ciascuna. Il disco è una miscela di noise punk di scuola Dischord e hardcore intriso di melodia come solo gli Hüsker Dü sapevano fare, in parole povere una vera bomba.




5 – DOE St. – S/t (Legless Records)
Da quando gli Stiff Richards hanno dato vita alla Legless Records per pubblicare i propri dischi, l’etichetta australiana è diventata, nel giro di pochi anni, una delle label protagoniste nella diffusione del nuovo rock australiano. Doe St., oltre ad essere la strada della cittadina di Rye dove ha base l’etichetta, è uno dei tanti progetti collaterali di Arron Mawson degli S. R. che insieme a Tom Duell, dei Bleach ha dato vita a questo interessante album d’esordio che allontana entrambi i musicisti dal suono delle band d’origine, per mettere insieme questa eccitante miscela di Feelies e Pavement. Un esperimento perfettamente riuscito.




6 – NOT MOVING LTD – Love Beat (Area Pirata)
Ascoltare un nuovo album targato Not Moving, seppure in versione riveduta e corretta, è stata una delle più belle cose che sono accadute in questo 2022. Love Beat è un disco superlativo con una profonda anima blues che mette a frutto le esperienze del passato per proiettare la band in un futuro altrettanto radioso quanto lo è stato il loro glorioso passato.




7 – THE DREAM SYNDICATE - Ultraviolet Battle Hymns And True Confessions (Fire Records)
La “seconda vita” dei Dream Syndicate procede a gonfie vele come conferma questo album riporta la band alla forma canzone seppure infarcita da tutte le influenze che da sempre caratterizzano il suono proposto dall’eccellente songwriting di Steve Wynn. Un album dal forte mood psichedelico con molte variazioni di registro che evidenzia come il nuovo corso dei Dream Syndicate sia pari, se non migliore di quello sviluppatosi negli anni ottanta, e questo è il segno di una band solida che ha saputo sfruttare la voglia di riunirsi per esplorare strade nuove e non solo rinverdire il passato con l’intento di passare finalmente all’incasso.




8 – SPLIT SYSTEM – Vol. 1 (Legless Records)
Altro super gruppo emerso dal garage di Doe St. per incendiare la scena g arage e punk di Melbourne. Con una formazione di cinque elementi estratti da un gruppo di pesi massimi locali - Jackson Reid Briggs and the Heaters, Stiff Richards, NO ZU, Speed Week e altri ancora. - Facile che abbiano fatto centro al primo colpo con questo disco che mette insieme chitarre incalzanti e un backbeat tonante, mentre la voce stravolta di Jackson Reid Briggs è al centro della scena, con il suo urlo appassionato che carica l'album di un'energia inquieta che lascia gli ascoltatori con il fiato sospeso e pieni di energia. Confondendosi tra garage-punk, power-pop e rock'n'roll che mescola post-punk e pub-rock con la sua spavalderia capace di performance infuocate, guitar-work bruciante e un sacco di ganci indistruttibili.




9 – OSSI – S/t (Snowdonia)
Quasi sul filo di lana di quest’anno è apparso all’improvviso il disco degli Ossi. Uscito dalla officina dei Deadburger dove stavolta Vittorio Nistri e Simone Tilli, decidono di lasciare i consueti territori dell’elettronica per mettere in piedi un progetto volto ad esplorare alcuni linguaggi del rock più canonico e chiamando a raccolta musicisti del calibro di Andrea Appino, Bruno Dorella e Dome La Muerte per dare corpo alle canzoni scritte. Il tutto contraddistinto da liriche che scandagliano i mali e le contraddizioni della nostra società. A rendere questo disco una vera opera d’arte concorre l’artwork pregiato che oltre alla copertina con su un disegno di Andrea Pazienza, anche un libretto realizzato in forma di fumetto (il disegnatore è Ugo De Lucchi) con i testi in italiano, e un inserto con gli stessi testi tradotti in inglese, e anche spiegati al pubblico anglofono, che di certo non può da solo comprendere riferimenti, citazioni presenti nei testi.




10 – DENIZ TEK – Long Befor Day (Career Records/Wild Honey Records)
- Quando esce un disco del mio mito musicale assoluto, c’è sempre il rischio di parlarne con un certo grado di accondiscendenza che rischia di non scindere il fan dal critico. Per mia fortuna Deniz Tek anche stavolta mi ha tolto dall’imbarazzo pubblicando un disco che non presenta alcuna caduta di tono e che sorprende per la freschezza e per l’alta qualità del songwriting di Deniz Tek. In fondo ad una leggenda del rock, si può chiedere ben poco d’altro.



 

 

 


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