Protomartyr – Formal Growth in the Desert (Domino)

Pubblicato il 16/06/2023 su FreakoutMagazine 


Da quando i Protomartyr sono apparsi sulla scena con le loro prime prove discografiche intrise di suoni post-punk granitici ed abrasivi, sulle quali spiccavano testi affatto banali e rivolti a processare l’etica capitalista degli Stati uniti d’America, soggiogata ad una politica in via di decadimento, hanno conquistato un ruolo di rilievo nel rock di questi anni importanti.
Il quartetto guidato musicalmente dalle chitarre di Greg Ahee e dalla caratteristica voce baritonale di Joe Casey e sorretti dalla potenza ritmica della batteria di Alex Leonard e del basso virtuoso di Scott Davidson giunge oggi a pubblicare “Formal Growth in the Desert” sesto album di una serie che finora non ha mai mostrato segni di cedimento qualitativo.
Così come il precedente album pubblicato nel 2020, “Ultimate Success Today”, era incentrato sul tema della morte che a detta di Casey doveva fungere da capitolo finale e di superamento della morte del padre, che lo aveva spinto a fare musica, ancora una volta è un tragico evento familiare, la morte della madre affetta da oltre dieci anni del morbo di Alzheimer, che si riflette in parte in questo nuovo disco che vuole cercare di trovare una via gioiosa per “andare avanti con la vita”, nonostante un dolore così grande.
In sede di presentazione Casey ha reso omaggio ai compagni spigando che "Il fatto che la band fosse ancora attiva era molto importante per me", aggiungendo, "e mi ha decisamente risollevato il morale". Nel preparare le musiche per “Formal Growth in the Desert” Greg Ahee, che ha prodotto l’album insieme a Jake Aron (Snail Mail, L'Rain), conoscendo il difficile momento che attraversava il suo compagno, ha impostato il lavoro “come un film narrativo” sfruttando al meglio il suo lavoro come regista di cortometraggi ed elaborando le linee guida della musica su dei filmati ed osservando come l’insieme possa “influenzare e aumentare gli stati d'animo mentre si suona".
Nelle loro canzoni i Protomartyr hanno sempre mostrato un forte legame con i luoghi ed i personaggi della loro città natale, Detroit, utilizzata in buona parte anche in questo disco, ma oggi utilizzano il che "è più che altro una metafora o un simbolo", per come ha spiegato Casey di recente. "Di deserti emotivi, o di un luogo o di un tempo che sembra mancare di vita". L’invito rivolto agli ascoltatori è quello di riflettere sugli aspetti più desolati dell’umanità.



“Make Way” apre il disco e catapulta subito nelle tensiona emotiva che attraverserà tutto per “Formal Growth in the Desert” con chitarre pronte ad esplodere e che sorreggono un testo abbastanza criptico. Nella successiva “For Tomorrow” si parla più chiaramente di disuguaglianze, mentre "Elimination Dances” introduce il tema del deserto ed invita a guardare avanti nonostante le ostilità della vita. Il tempo che passa è ancora maggiormente messo a fuoco in “Fun In Hi Skool”, brano dall’andamento musicale decisamente coinvolgente.
Pian piano si scivola verso il fulcro dell’album con il suono che sembra dilatarsi e concedere una pausa alla tensione emotiva (“Let's Tip the Creator”). Dal punto di vista testuale certamente "Graft Vs. Host" è il brano cardine che elabora il lutto ed il doloro e cercando di trovare una via alla felicità che aiuti a superare il difficile momento.
In “3800 Tigers” i suoni tornano a farsi poderosi e la città di Detroit torna ad essere protagonista. Il pretesto è quello di paragonare le tigri in via di estinzione parlando della loro locale squadra di baseball, i Detroit Tigers, utilizzando il claim dei tifosi “eat ‘em up, Tigers” come un grido di battaglia.



Altro brano cardine del disco è “The Author” in cui Casey parla molto più esplicitamente della morte della madre ed invitandoci ancora una volta a non combattere il tempo quanto piuttosto di arrenderci ad esso per sopravvivere.
Nonostante quest’aurea plumbea Formal Growth si chiude con quello che potremmo definire un lieto fine dando una risposta alla domanda chiave che in precedenza nel brano “Polacrilex Kid” i Protomartyr si pongono: “Puoi odiare te stesso e meritare comunque l'amore?”.
"Rain Garden" si apre su potenti chitarre dissonanti sorrette da un solido pattern di batteria con i synth che rendo mana mano il brano sempre più cinematografico. Casey celebra l’amore: "Sono meritevole d'amore / Diranno che è solo una canzone d'amore / Ma l'amore, l'amore mi ha trovato", raccontando di due amanti che muoiono in un’auto solo per “rendere la canzone più straziante” chiosa Casey.
Una chiusura ottimistica per un disco ancora una volta ricco di tensioni emotive e particolarmente riuscito.



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