Recensione libro Le Radici Della Rabbia (Red Star Press)

Presentato al Nero Macchiato di Cosenza lo scorso 24 aprile il volume “Le Radici Della Rabbia” scritto da Federica Paradiso ed edito dalla Red Star Press. L’agile volume composto di poco più di ottanta pagine è arricchito da un’appendice fotografica curata da Federico “Fritz” Barile che attraverso il suo sito www.sonicreducer.it mantiene viva la memoria dell’esperienza punk e della cultura delle auto produzioni realizzate in Italia a partire dagli anni settanta. L’intento dell’autrice è quello di scandagliare la sottocultura skinhead riportando al centro dell’attenzione i valori dell’antifascismo e dell’antirazzismo di cui è permeata, ma che certo ben pensare mainstream ha troppo spesso travisato, associando il movimento tutto ai pochi esempi di simpatie destrorse. Per fare ciò la Paradiso ha introdotto nella sua analisi alcuni elementi tipicamente italiani come i valori dell’antifascismo che in Inghilterra, specie ad opera del National Front, venivano rinnegati per dare al movimento skinhead una traccia politica che andasse contro i valori originari del multiculturalismo. Una travisamento che aveva trovato una sponda anche nel nostro Paese, dove alcuni gruppi nati nel nord Italia avevano provato ad imporre una cultura di destra nel movimento, ma che è stata combattuta fieramente dalla maggioranza degli skins italiani. Più che una storia del movimento il volume ne traccia un profilo sociologico ricollegandosi ai vari momenti storici soprattutto quando l’autrice tratta con dovizia di particolari l’evoluzione dello stile che partendo dall'evidenziare esteticamente l’appartenenza alla working class con l’uso degli anfibi, a giusta ragione ritenuti elemento simbolico principe ed irrinunciabile dello stile skinhead, e di alcuni capi di abbigliamento che sono rimasti immutabili nel tempo per simboleggiare anche visivamente appartenenza.
Federica Paradiso nel corso della presentazione a Cosenza
Al contrario dello stile
Mod con cui esistono pure molti punti di contatto, che intendeva ostentare una ricchezza anche laddove non esisteva, come atto di ribellione verso la classe genitoriale, quello Skin è rimasto saldo alle origini e fiero nella sua resistenza ad ogni evoluzione, come massima espressione di una cultura legata indissolubilmente alle sue origini. Altro passaggio storico è riservato agli anni ottanta con la nascita del genere musicale Oi che diventa più una sorta di semplificazione giornalistica, visto che in fondo ci si trova davanti a band dedite ad uno steet punk, ed alle contrapposizioni politiche che nascono come esigenza di fare proprie molte tematiche circostanti alla società. Per questo alcuni elementi dello stile, tipo indossare il bomber che richiama l’aeronautica o indumenti mimetici, va inteso anche critica verso la guerra. Altro elemento fondante dello stile skinhead è il tifo calcistico. Essere ultras è inteso come sinonimo di libertà e di appartenenza alle radici della propria città, diventando espressione massima di una sottocultura che accomuna gente di diversa estrazione. L’ultima parte del libro è dedicata allo studio di alcuni testi per evidenziare tratti comuni e differenze tra il Patois, l’inglese creolo parlato in Giamaica, ed il Cockney britannico tipicamente usato dalla working class londinese, due gerghi molto simili che non rispettano le regole grammaticali. In pratica un altro modo per gli skinhead di marcare un essere contro il potere costituito. In questo contesto l’autrice inserisce un altro elemento “italiano” nel libro analizzando le differenze tra la lingua scritta sui libri e parlata ufficialmente ed i diversi dialetti che si parlano lungo tutto lo Stivale. Altri temi che emergono dalle pagine di “Le Radici Della rabbia”  riguardano le differenze tra gli skin inglesi ed italiani, quest’ultimi molto più marcatamente politici ed antifascisti come in Spagna. In questo senso i riferimenti a Marx e Gramsci utilizzati dall'autrice nella parte iniziale del libro servono a dare un’identità al movimento skinhead italiano e marcano la differenza con altri testi storici pubblicati in precedenza. Un libro che parla di linguaggio, comunicazione e stile e che riesce a far comprendere ancora meglio come la sottocultura skinhead resiste ad ogni passaggio di moda e continua ad avere una sua valenza ancora oggi, tempi in cui le sottoculture sono state trasformate in valore dal capitalismo travisandone molto spesso i reali valori. Eliseno Sposato

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