Recensione Out of Time - Stories We Can Tell & More (Area Pirata)


Chi ha vissuto da protagonista la scena rock italiana degli anni ’80, non importa se musicista, discografico giornalista o semplice ascoltatore, ricorderà molto bene il senso di comunità che si respirava in quegli anni e che portava tutti indistintamente a sostenere ogni vagito musicale che veniva alla ribalta e che dava la sensazione che anche da noi, provincia dell’impero, si poteva sostenere una “scena underground” come stava accadendo negli Stati Uniti così come in Inghilterra oppure in Francia e Australia. Erano gli anni del garage revival, del post punk e del paisley underground, ed in ogni angolo del mondo nelle cantine si agitavano schiere di giovani band che cercavano di attualizzare il passato. Era facile che anche da punti remoti della provincia italiana potessero spuntare grandi band che non avevano nulla da invidiare ad analoghe formazioni che nascevano in quegli anni e che avrebbero raccolto successi in ogni parte del mondo (R.E.M., Dream Syndacate, Long Riders, Died Pretty, Green On Red, ecc.). Dalla provincia di Cuneo, per la precisione da Bra, vennero fuori gli Out of Time, un quintetto con solide radici piantate nel country rock americano che diedero alle stampe un album gioiello dal titolo “Stories We Can Tell” che rimase purtroppo unico  e che oggi viene meritoriamente ristampato dalla Area Pirata Records, in una versione espansa con tutto quanto venne registrato in quell’ anno da Beppe Canavero e compagni. Il disco contiene le otto tracce di “Stories”  tre inediti assoluti (i brani Time e Untitled  e Untitled #2) più quattro brani registrati dal vivo durante uno show radiofonico ed i brani “Have You Seen The Light Tonight” pubblicato sul primo volume della mitica compilation Eighties Colours e la cover di “A House Is Not A Motel” dei Love di Artur Lee pubblicata a suo tempo come singolo allegata al secondo numero della fanzine Lost Trails curata da Claudio Sorge. Riascoltando oggi questi brani si può apprezzare la grande qualità del songwriting degli Out of Time che, seppure possa sembrare derivativo o troppo ossequioso ai modelli Byrds e Flying Burrito Brothers, riesce ancora ad emozionare grazie a gioielli come “One More Chance”, “Take My Time”, “I Can Ride” e “Bye Bye Friends” dove il suono delle chitarre Rickenbacker ammalia con le atmosfere sixties sostenute dagli impasti vocali e dagli interventi alla pedal steel guitar del super ospite Ricky Mantoan, già collaboratore in vari tour dei FBB. Altri gioielli da segnalare sono la spettacolare “Thirthy Days On the Road” ed il brano “Brian’s Black Night” dedicato al compianto Brian Jones. L’epopea degli Out of Time durò troppo poco, in pratica solo due anni, e non ci fu un seguito al disco pubblicato in origine dalla misconosciuta Mail Records, per questo riascoltando la ristampa odierna cresce il rammarico per quello che poteva essere e non è stato, ma è doveroso ancora oggi ringraziare Giovanni Cravero, Emilio Bavagnoli, Giuseppe Napoli, Giancarlo Trabucco e Beppe Canavero per avere realizzato questo piccolo grande gioiello di rock prodotto in Italia.
Stories We Can Tell ieri e oggi

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