Edward Abbiati - Beat The Night (autoprodotto, 2019)

Ad un certo punto della vita arriva per tutti il momento di fare i conti con sé stessi ed i propri fantasmi e se sei uno splendido scrittore di canzoni, non puoi che rifugiarti nella musica anche se questa a volte è stata dura quasi come la vita con i suoi momenti di dolore, ma anche con tutte le opportunità di trovare lo spiraglio di luce che ridà speranza alla rinascita salvifica.
Edward Abbiati ha attraversato tutto questo prima di dare vita al suo primo album da solista dopo un decennio attraversato alla guida dei Lowlands, per poi aprire un sodalizio artistico con Stiv Cantarelli, un altro dei nomi oscuri ma di talento che il rock italiano custodisce, nel progetto energicamente elettrico degli ACC (The Abbiati Cantarelli Conspiracy) con il quale hanno prodotto un album di pregevole fattura nel 2018 (Beautiful, at Night) ed uno di prossima pubblicazione.
“Beat The Night” è una sorta di confessione a cuore aperto che Abbiati mette in piazza con queste parole: “In un certo senso ho sempre scritto sull'amore e sulla morte, solo che questa volta non ero nel balcone dell'osservatore ma dovevo affrontare il problema. L'album è un viaggio dentro e fuori l'oscurità. Seguendo qualunque amore e luce potessi trovare. Viviamo, cresciamo e la musica aiuta lungo la strada. Penso che questo sia il mio album più personale e forse il migliore. La quantità di fortuna e amore che mi è stata concessa è gratificante. Spero che questo disco sia un ringraziamento e una nota di scuse a chiunque abbia fatto male lungo la strada".
Il lavoro è stato concepito per essere un disco prevalentemente acustico che poteva risultare oscuro e doloroso come il Nebraska di Springsteen, ma che invece è stato rivestito di quell’alternative country che è più nelle corde del Nostro. Per fare questo si è avvalso della collaborazione degli amici di sempre: Maurizio “Gnola” Glielmo, Mike Brenner (Marah, Magnolia Electric Co.), David Henry (Yo La Tengo), Antonio Rigo Righetti, Simona Colonna, Michele Gazich, Joey Huffman (Soul Asylum) e con alcuni membri dei Lowlands (Francesco Bonfiglio), Mandolin’ Brothers (Jimmy Ragazzon, Riccardo Maccabruni) e degi ACC (Stiv Cantarelli, Joe Barreca).
Attraverso i suoi dieci episodi il disco sorprende per l’accuratezza degli arrangiamenti in chiave folk rock, dosando accelerazioni (la title track) e momenti intimi quasi sussurrati (I Got Hurt, Look at Me, I Can’t Tell Ya) ma che concorrono tutti ad esorcizzare il brutto periodo personale vissuto, che lo hanno portato a fare un bilancio della sua vita, ma anche a guardare con ottimismo al futuro.
Come sempre accade quando un’artista scava dentro sé stesso riesce a trovare risorse inaspettate anche per una penna brillante come la sua. Ed in questo disco Abbiati si mette a nudo raccontando il suo calvario nelle varie fasi attraversate, affrontando il “Judgement Day #2” a testa alta, pronto a combattere, guardando alla vita trascorsa “45 anni e che casino.. mezza vita è già andata…” (45) e cercando come sempre nell’amore e negli affetti familiari (Three Times Lucky, Sleepwalking) la via d’uscita migliore che si possa trovare.
Beat The Night è davvero un signor disco, che seppure racconti una storia personale è aperto anche alle nostre di storie che possono trovare più di un punto di contatto con quella raccontata da Abbiati che si conferma essere un autore di primo livello da seguire e soprattutto da scoprire perché, come spesso capita dalle nostre parti, non gode di quella visibilità che meriterebbe. Perché l’Italia non è la casa del rock, perlomeno di quello più autentico, vero e capace di parlare direttamente al cuore di chi preferisce la sostanza all’apparenza.





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