Cheap Wine intervista a Marco Diamantini Napoli 18.12.2014

Quando Sotterranei Pop era attivo come show radiofonico, c’era una sana consuetudine di realizzare la prima intervista su ogni nuova uscita discografica dei Cheap Wine proprio attraverso i microfoni dell’emittente che lo ospitava. Una sorta di anteprima esclusiva che il buon Marco Diamantini mi concedeva in virtù del rispetto che ho acquisito “sul campo” per la cura e dedizione con cui ho sempre criticamente esaminato ogni lavoro della band pesarese. Ora non essendoci più spazio sulla radio, ho perso quel privilegio ma non il piacere di incontrare Marco per analizzare insieme l’ultimo album “Beggar Town” di cui potete leggere qui la recensione. Per farlo mi sono messo in viaggio per Napoli  nel bellissimo locale “Archivio Storico” per una delle serate Archivio del Rock dove di i Cheap Wine erano impegnati per una data del tour di presentazione del disco che si è rivelata anche occasione per testare il nuovo volto della band con il resoconto che trovate a questo link. Tutte le foto a corredo di questo articolo sono di Renato Cifarelli utilizzate su gentile concessione dell'autore.
Marco Diamantini

Allora Marco, ho perso il primato della prima intervista ma finalmente possiamo parlare di “Beggar Town”  anche se con un po’ di ritardo. <<Forse è meglio perché è un disco che andava ascoltato a fondo ed in un certo senso va digerito perché i temi possono essere messi meglio a fuoco>>. Anche a distanza di tanti ascolti non è cambiata l’impressione che ho avuto sin dal primo momento: questo disco ha una profonda anima blues. <<Il blues è una passione un po’ di tutti noi, musicalmente parlando. Che poi il disco abbia questa forte connotazione blues deriva dalle atmosfere dei brani, dai testi. Il blues non è solo un genere musicale, è uno stato dell’anima per questo tu lo sottolinei giustamente cogliendo l’essenza delle atmosfere che noi abbiamo dato a gran parte dei brani>>. E da un po’ che i vostri dischi hanno smesso di trasmettere spensieratezza, felicità. <<In realtà non so se abbiano mai avuto una spensieratezza di fondo. Magari musicalmente forse si. Lo stesso “Based on Lies” pur affrontando delle tematiche molto cupe nei testi, aveva delle parti musicali molto vivaci nei ritmi. Invece la musica del nuovo album è decisamente più scura. Però credo che “Beggar Town”, al contrario, abbia nei testi molti più punti ricchi di speranza rispetto a “Based on Lies” che probabilmente sono mitigati dalla vivacità di alcune canzoni>>.
Cheap Wine live 2014
Probabilmente arrivati al livello di durezza di “Based on Lies” non si poteva andare oltre e bisognava cercare una chiave di lettura più ricca di speranza, anche se i tempi di oggi sono peggiori rispetto a quando hai composto i testi del lavoro precedente. << I tempi, come dici tu, sono certamente peggiorati, però qualcosa di buono bisognava trovarlo, anche perché io in generale non ho mai voluto lasciare la speranza a zero in nessun disco. Prima di scrivere i testi per  “Beggar Town”, ho avuto delle esperienze personali molto difficili. Da una parte dovevo prenderne atto e descriverle, mentre dall’altra c’era bisogno di un’esortazione a  non rassegnarsi, reagire e cercare qualcosa di meglio, investendo tutte le energie nella ricerca di un riscatto. Questa è stata una cosa che mi stava molto a cuore e credo che se si leggono i testi con attenzione, è una cosa che emerge chiaramente. Il fatto di voler reagire non significa che  non ci rendiamo conto delle difficoltà in cui siamo>>. Anche perché bisogna guardare al futuro con positività, altrimenti si finisce in un baratro dal quale è difficile uscire. <<Anche perché fondamentalmente il rock’n’roll è un atto di ribellione, quindi ribellarsi a quello che va male è un dovere per chi suona e per chi ascolta questo tipo di musica>>. E poi bisogna anche ribellarsi all’establishment della musica italiana che ha davvero una scarsa attenzione verso un certo tipo di rock. Paradossalmente oggi godete di minore visibilità rispetto agli esordi quando venivate paragonati ai gruppi del “paysley underground”. Oggi mi pare che la stampa specializzata abbia del tutto azzerato la curiosità verso tutto ciò che non è in voga al momento, indie cantautorato degli anni 2000, elettronica ecc, escludendo naturalmente tutto ciò che viene veicolato dalla televisione e dalle radio.
Andrea Giaro
<<Si parla tanto di momento di crisi, di stallo nella creatività dei musicisti, mentre io credo che in crisi ci siano soprattutto i giornalisti. Sono in crisi quelli che la musica la devono raccontare, spiegare in qualche modo, indicare ai giovani certe strade da seguire. Io noto che c’è un grandissimo appiattimento nel giornalismo musicale, non esistono più le persone capaci di distinguere le cose buone da quelle meno buone e quindi chi ascolta si trova spiazzato senza delle linee guida>>. Credo che tutto parta dalla crisi delle riviste musicali che oggi difficilmente riescono ad incuriosire chi le ha sempre lette, mentre le giovani generazioni non sanno neanche che esistono, mentre la critica musicale che si può trovare su internet, lascia molto spesso a desiderare. <<Su internet sembra che sia tutto buono proprio per quanto dicevo prima, e questo genera un appiattimento che in qualche modo sminuisce quanto c’è di buono veramente. Purtroppo tutto viene lasciato alla capacità autocritica di chi ascolta. Tra i giovani chi ha avuto la fortuna di avere un padre o un fratello maggiore che li abbia portati ad ascoltare certe cose, può avere sviluppato un gusto personale ed una capacità critica. Gli altri purtroppo son in balia di X-Factor  e roba simile e pensano che la musica sia quella. La situazione è difficile e per un gruppo italiano come il nostro lo è ancora di più. Soprattutto per un problema di diffusione. Noi non abbiamo vetrine, copertine, passaggi radio consistenti, raramente godiamo di articoli sui giornali, quindi il pubblico lo possiamo conquistare soltanto attraverso i concerti>>. Ma quello diventa ancora più difficile perché prima di arrivare a suonare in un determinato luogo bisogna che ci sia qualcuno che già vi conosca e sa che se apre le porte del suo locale può attirare una certa fetta di pubblico. <<È un gatto che si morde la coda. Se non sei promozionato a dovere la gente non ti conosce, il locale non ha interesse a chiamarti e la radio  non ti trasmette. È tutto un po’ bloccato da questo punto di vista e probabilmente viene fatto troppo poco per le band di talento che ci sono in Italia>>. 
A volte anche i musicisti di talento ben promozionati non riescono ad arrivare al pubblico perché magari hanno una proposta troppo sofisticata. Io credo che si sia perso di vista il fatto che la musica sia un’arte e come tale vada affrontata. Mentre penso che per molti sia diventata solo il sottofondo per un video gioco o, peggio, la suoneria di un cellulare.
Alan Giannini
<<Ha perso nella sensibilità generale la sua  importanza. Fortunatamente una piccola minoranza di musicofili è rimasta, ma in generale si è perso tutto perché la musica è diventata un’industria che ha poco a che fare con l’arte. So che torniamo sempre a quello, ma se guardi X-Factor vedi che è un fenomeno costruito a tavolino che viene dato in pasto al pubblico giusto lo spazio di quei pochi mesi in cui funziona. Prendano questi ragazzi che hanno una bella voce, l’impostazione di un certo tipo, gli fanno cantare delle canzonette e la gente crede che gli artisti siano questi. Se la gente non trova la capacità di ribellarsi a questo tipo di cose e di pretendere di avere degli artisti nel vero senso della parola, non se ne esce>>. Torniamo allora all’arte e parliamo di “Beggar Town” e del nuovo volto che la band ha assunto con gli ingressi di Alessio Raffaelli, Alan Giannini e Andrea Giaro quanto è cambiato il tuo modo scrivere sapendo che poi la band in fase di arrangiamento può dare di più rispetto al passato? <<Tutti siamo maturati nel corso degli anni. Oggi ho la consapevolezza di avere alle spalle quattro musicisti dalla capacità tecniche e dalla sensibilità interpretativa assolutamente di primo livello, per cui tutto ciò che scrivo viene valorizzato dal loro lavoro. Questo ci ha spinto verso la ricerca di nuovi linguaggi e strade che non siano state già battute da noi in precedenza. Cercare di non essere banali è sempre stato nel nostro intento, però adesso abbiamo raggiunto un livello di capacità tecnica che ci permette di fare tanto. Io sono molto contento di come il pubblico ha recepito i contenuti del disco a livello di liriche e non so se tutti siano riusciti a capire fino in fondo la complessità della ricerca musicale che è stata fatta in questo disco. “Beggar Town” ha degli arrangiamenti e delle soluzioni musicali che non trovi da altre parti. Nel senso che pur restando in ambito rock, marcando il disco di sfumature blues, siamo riusciti a sfuggire a tutti i cliché possibili, dalle cose che potevano essere facili. Ma non come preconcetto, semplicemente dando sfogo a quello che avevamo dentro. Per questo credo che i nuovi brani, sia a livello di testi che di arrangiamenti sono molto particolari, e che suonano come non suona nient’altro in giro. Un disco talmente intenso che va quasi controcorrente, perché oggi si tende a realizzare musica più fruibile, mentre la nostra è estremamente impegnativa, va ascoltata a fondo>>.
Cheap Wine live 2014
Io però ho come la sensazione che “Beggar Town”  sia arrivato più facilmente al pubblico di affezionati, probabilmente tutto è dipeso dal lavoro di preparazione e dal clima di attesa che tu hai creato sulla rete, proprio parlando in questo modo, quasi che tu avessi paura di non riuscire ad “arrivare” al pubblico come al solito. <<ero consapevole di avere scritto un disco complesso, perché non ci sono canzoni accattivanti oppure orecchiabili ed in più devi tenere conto che quando si prepara un disco, ci si lavora da un anno prima, si provano e si registrano le canzoni, le si ascolta centinaia i volte per trovare la “quadra” giusta che alla fine non ci capisci più niente. Alla fine eravamo tutti confusi e convinti che il disco fosse difficile da capire, per questo scrivevo in rete che bisognava di molti ascolti, pazienza. Tu sei stato uno dei primi a dirmi: “guarda che questo disco arriva subito”  cosa che mi ha fatto piacere, però resto convinto che più lo si ascolta e più se ne colgono le sfumature che, credimi, sono veramente tante>>. In questo senso da quando è entrato in pianta stabile Alessio Raffaelli nel gruppo sono arricchiti molti vostri registri musicali.
Alessio Raffaelli
<<Dal primo momento Alessio si è integrato molto bene nel gruppo, ha capito quali sono le nostre peculiarità ed ha stretto una perfetta intesa con Michele. Infatti le parti di piano e chitarra si scambiano con una fluidità perfetta a mio avviso. Sono due musicisti molto maturi che sanno cogliere il momento in cui diventare protagonisti, con la stessa lucidità che hanno quando devono lasciare spazio all’altro. Due fuoriclasse che in Italia non credo si trovino in nessuna band. Hanno saputo creare un mix perfetto tra due strumenti che interagiscono in maniera mai banale>>. Anche tuo fratello Michele ne ha guadagnato visto che il suo modo di suonare la chitarra è diventato molto più ricercato. <<Come sai lui ha sempre marchia il suono dei Cheap Wine in maniera inconfondibile ed oggi credo che lo faccia ancora di più, nel senso  che lo fa con una classe…>> Non ha bisogno di dimostrare quanto sia bravo tecnicamente << è vero che io sono di parte e non dovrei dirlo, ma se ascolti le parti che esegue su l finale di alcune canzoni, beh il senso del rock’n’roll per me è questo. Credo che nessuno sappia mettere il proprio marchio sul suono di una band come fa lui>>. In genere è il cantante a rendere riconoscibile all’istante una band piuttosto che un’altra. <<Nei Cheap Wine come sai il cantante conta meno, è sempre stato lui a definire il nostro suono>>.
Michele Diamantini
Ancora un personaggio storico diventa protagonista di un brano dei Cheap Wine. Dopo il partigiano Silvio Corbari e il pittore Henrì de Toulouse Lautrec, raccontati in “Spirits” (Cheap Wine Records, 2009), in “Utrillo’s Wine” è ancora un pittore francese protagonista di un tuo testo. Cosa ti stimola ad inserire personaggi reali nelle canzoni? <<Sono sempre stato affascinato dalle storie vere e non da quelle romanzate. Tempo fa andai a vedere una mostra a Roma dedicata ad alcuni artisti tra cui Modigliani e Utrillo, mi è capitato di leggere la loro storia. Questi artisti così estremamente talentuosi e al contempo estremamente poveri e fragili, perché erano alcolizzati, sono figure che mi affascinano molto. A me piace raccontare la realtà perché la trovo più affascinante della fantasia. Utrillo era un personaggio che si poteva inserire perfettamente nelle atmosfere del disco perché “beggar” (mendicante) lo era veramente. Un “beggar” con un talento artistico tanto enorme quanto lo era il suo problema personale con l’alcolismo. Quindi raccontare la storia con lo stretto tratto ironico con cui avevo raccontato quella di Corbari, senza minimamente toccare la sua tragica fine, mi piaceva perché io odio la retorica  ed il tragicismo fine a se stesso. Preferisco che una storia faccia riflettere attraverso un sorriso anche se poi ha un risvolto amaro>>. Il senso di povertà estrema in cui viva Maurice Utrillo lo hai reso in maniera perfetta attraverso il testo della canzone. <<Questo perché io ho provato le stesse cose. Magari non sono arrivato a quei livelli perché non ho proprio fatto la fame ma ho vissuto dei momenti davvero duri quando scrivevo i testi. Penso che il fatto che poi questi siano arrivati così rapidamente alla gente che li ha ascoltati, probabilmente dipende proprio da questo. Quando tu descrivi qualcosa di realmente vissuto, questa descrizione acquista maggiore forza. Ci sono artisti grandissimi che riescono a scrivere quelle cose anche quando non le vivono. Penso a Springsteen di “The Ghost of Tom Joad” in cui descrive cose che difficilmente pensi che lui possa averle provate. Lui ha letto Furore si sarà documentato sulle storie di alcuni migranti ma non ha certo vissuto quei temi>>.
Cheap Wine live 2014
Adesso qualcuno penserà che ti sei montato la testa e ti reputi migliore di Springsteen. <<Per carità, a parte che non lo sono ne lo penso ma se dicessi una cosa del genere mi crocifiggono subito in piazza>>. Magari faresti la figura del rocker trasgressivo. <<Una volta gli artisti potevano dire anche le peggiori cose che venivano giustificati, faceva quasi figo a dire cose terribili. Oggi sembra che se non sei politicamente corretto subito ti massacrano>>. Dopo Beggar Town qual è il prossimo passo dei Cheap Wine? <<Credo che andremo sempre più verso atmosfere un po’ rarefatte, un po’ alla Tom Waits o alla Nick Cave, poi magari i miei compagni spingeranno in un’altra direzione. È stato buffo sentire qualcuno dire che siamo diventati troppo sofisticati e che ci preferivano quando eravamo più grezzi, ma io credo che quando si cresce non si può restare ancorati agli schemi del passato. Poi credo che noi possediamo ancora una “ruggine” di fondo e per esprimere un certo tipo di atmosfere bisogna avere delle capacità tecniche di un certo tipo. Ma non credo che nella nostra musica ci sia qualcosa di ricercato>>.
Tutti i dischi dei Cheap Wine sono disponibili all’indirizzo www.cheapwine.net



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