Quando Sotterranei Pop era attivo come show radiofonico,
c’era una sana consuetudine di realizzare la prima intervista su ogni nuova
uscita discografica dei Cheap Wine proprio attraverso i microfoni
dell’emittente che lo ospitava. Una sorta di anteprima esclusiva che il buon Marco Diamantini mi concedeva in virtù
del rispetto che ho acquisito “sul campo” per la cura e dedizione con cui ho
sempre criticamente esaminato ogni lavoro della band pesarese. Ora non
essendoci più spazio sulla radio, ho perso quel privilegio ma non il piacere di
incontrare Marco per analizzare insieme l’ultimo album “Beggar Town” di cui
potete leggere qui la recensione. Per farlo mi sono messo in viaggio per Napoli
nel bellissimo locale “Archivio Storico”
per una delle serate Archivio del Rock dove di i Cheap Wine erano impegnati per
una data del tour di presentazione del disco che si è rivelata anche occasione
per testare il nuovo volto della band con il resoconto che trovate a questo
link. Tutte le foto a corredo di questo articolo sono di Renato Cifarelli utilizzate su gentile concessione dell'autore.
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Marco Diamantini |
Allora
Marco, ho perso il primato della prima intervista ma finalmente possiamo
parlare di “Beggar Town” anche se con un
po’ di ritardo. <<Forse è meglio perché è un disco che
andava ascoltato a fondo ed in un certo senso va digerito perché i temi possono
essere messi meglio a fuoco>>. Anche
a distanza di tanti ascolti non è cambiata l’impressione che ho avuto sin dal
primo momento: questo disco ha una profonda anima blues. <<Il blues è
una passione un po’ di tutti noi, musicalmente parlando. Che poi il disco abbia
questa forte connotazione blues deriva dalle atmosfere dei brani, dai testi. Il
blues non è solo un genere musicale, è uno stato dell’anima per questo tu lo
sottolinei giustamente cogliendo l’essenza delle atmosfere che noi abbiamo dato
a gran parte dei brani>>. E da un
po’ che i vostri dischi hanno smesso di trasmettere spensieratezza, felicità. <<In
realtà non so se abbiano mai avuto una spensieratezza di fondo. Magari
musicalmente forse si. Lo stesso “Based
on Lies” pur affrontando delle tematiche molto cupe nei testi, aveva delle
parti musicali molto vivaci nei ritmi. Invece la musica del nuovo album è
decisamente più scura. Però credo che “Beggar
Town”, al contrario, abbia nei testi molti più punti ricchi di speranza
rispetto a “Based on Lies” che
probabilmente sono mitigati dalla vivacità di alcune canzoni>>.
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Cheap Wine live 2014 |
Probabilmente arrivati al livello di
durezza di “Based on Lies” non si poteva andare oltre e bisognava cercare una
chiave di lettura più ricca di speranza, anche se i tempi di oggi sono peggiori
rispetto a quando hai composto i testi del lavoro precedente. << I
tempi, come dici tu, sono certamente peggiorati, però qualcosa di buono
bisognava trovarlo, anche perché io in generale non ho mai voluto lasciare la
speranza a zero in nessun disco. Prima di scrivere i testi per “Beggar
Town”, ho avuto delle esperienze personali molto difficili. Da una parte
dovevo prenderne atto e descriverle, mentre dall’altra c’era bisogno di
un’esortazione a non rassegnarsi,
reagire e cercare qualcosa di meglio, investendo tutte le energie nella ricerca
di un riscatto. Questa è stata una cosa che mi stava molto a cuore e credo che
se si leggono i testi con attenzione, è una cosa che emerge chiaramente. Il
fatto di voler reagire non significa che
non ci rendiamo conto delle difficoltà in cui siamo>>. Anche perché bisogna guardare al futuro con
positività, altrimenti si finisce in un baratro dal quale è difficile uscire.
<<Anche perché fondamentalmente il rock’n’roll è un atto di ribellione,
quindi ribellarsi a quello che va male è un dovere per chi suona e per chi
ascolta questo tipo di musica>>. E
poi bisogna anche ribellarsi all’establishment della musica italiana che ha
davvero una scarsa attenzione verso un certo tipo di rock. Paradossalmente oggi
godete di minore visibilità rispetto agli esordi quando venivate paragonati ai
gruppi del “paysley underground”. Oggi mi pare che la stampa specializzata
abbia del tutto azzerato la curiosità verso tutto ciò che non è in voga al
momento, indie cantautorato degli anni 2000, elettronica ecc, escludendo naturalmente
tutto ciò che viene veicolato dalla televisione e dalle radio.
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Andrea Giaro |
<<Si
parla tanto di momento di crisi, di stallo nella creatività dei musicisti,
mentre io credo che in crisi ci siano soprattutto i giornalisti. Sono in crisi
quelli che la musica la devono raccontare, spiegare in qualche modo, indicare
ai giovani certe strade da seguire. Io noto che c’è un grandissimo
appiattimento nel giornalismo musicale, non esistono più le persone capaci di
distinguere le cose buone da quelle meno buone e quindi chi ascolta si trova
spiazzato senza delle linee guida>>. Credo
che tutto parta dalla crisi delle riviste musicali che oggi difficilmente
riescono ad incuriosire chi le ha sempre lette, mentre le giovani generazioni
non sanno neanche che esistono, mentre la critica musicale che si può trovare
su internet, lascia molto spesso a desiderare. <<Su internet sembra
che sia tutto buono proprio per quanto dicevo prima, e questo genera un
appiattimento che in qualche modo sminuisce quanto c’è di buono veramente.
Purtroppo tutto viene lasciato alla capacità autocritica di chi ascolta. Tra i
giovani chi ha avuto la fortuna di avere un padre o un fratello maggiore che li
abbia portati ad ascoltare certe cose, può avere sviluppato un gusto personale
ed una capacità critica. Gli altri purtroppo son in balia di X-Factor e roba simile e pensano che la musica sia
quella. La situazione è difficile e per un gruppo italiano come il nostro lo è
ancora di più. Soprattutto per un problema di diffusione. Noi non abbiamo
vetrine, copertine, passaggi radio consistenti, raramente godiamo di articoli
sui giornali, quindi il pubblico lo possiamo conquistare soltanto attraverso i
concerti>>. Ma quello diventa
ancora più difficile perché prima di arrivare a suonare in un determinato luogo
bisogna che ci sia qualcuno che già vi conosca e sa che se apre le porte del
suo locale può attirare una certa fetta di pubblico. <<È un gatto che
si morde la coda. Se non sei promozionato a dovere la gente non ti conosce, il
locale non ha interesse a chiamarti e la radio
non ti trasmette. È tutto un po’ bloccato da questo punto di vista e
probabilmente viene fatto troppo poco per le band di talento che ci sono in
Italia>>.
A volte anche i musicisti di talento ben promozionati non riescono ad
arrivare al pubblico perché magari hanno una proposta troppo sofisticata. Io
credo che si sia perso di vista il fatto che la musica sia un’arte e come tale
vada affrontata. Mentre penso che per molti sia diventata solo il sottofondo
per un video gioco o, peggio, la suoneria di un cellulare.
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Alan Giannini |
<<Ha perso
nella sensibilità generale la sua
importanza. Fortunatamente una piccola minoranza di musicofili è
rimasta, ma in generale si è perso tutto perché la musica è diventata
un’industria che ha poco a che fare con l’arte. So che torniamo sempre a
quello, ma se guardi X-Factor vedi che è un fenomeno costruito a tavolino che
viene dato in pasto al pubblico giusto lo spazio di quei pochi mesi in cui
funziona. Prendano questi ragazzi che hanno una bella voce, l’impostazione di
un certo tipo, gli fanno cantare delle canzonette e la gente crede che gli
artisti siano questi. Se la gente non trova la capacità di ribellarsi a questo
tipo di cose e di pretendere di avere degli artisti nel vero senso della
parola, non se ne esce>>.
Torniamo
allora all’arte e parliamo di “Beggar Town” e del nuovo volto che la band ha
assunto con gli ingressi di Alessio Raffaelli, Alan Giannini e Andrea Giaro
quanto è cambiato il tuo modo scrivere sapendo che poi la band in fase di
arrangiamento può dare di più rispetto al passato? <<Tutti siamo
maturati nel corso degli anni. Oggi ho la consapevolezza di avere alle spalle
quattro musicisti dalla capacità tecniche e dalla sensibilità interpretativa
assolutamente di primo livello, per cui tutto ciò che scrivo viene valorizzato
dal loro lavoro. Questo ci ha spinto verso la ricerca di nuovi linguaggi e
strade che non siano state già battute da noi in precedenza. Cercare di non
essere banali è sempre stato nel nostro intento, però adesso abbiamo raggiunto
un livello di capacità tecnica che ci permette di fare tanto. Io sono molto
contento di come il pubblico ha recepito i contenuti del disco a livello di liriche
e non so se tutti siano riusciti a capire fino in fondo la complessità della
ricerca musicale che è stata fatta in questo disco.
“Beggar Town” ha degli arrangiamenti e delle soluzioni musicali che
non trovi da altre parti. Nel senso che pur restando in ambito rock, marcando
il disco di sfumature blues, siamo riusciti a sfuggire a tutti i cliché
possibili, dalle cose che potevano essere facili. Ma non come preconcetto,
semplicemente dando sfogo a quello che avevamo dentro. Per questo credo che i
nuovi brani, sia a livello di testi che di arrangiamenti sono molto
particolari, e che suonano come non suona nient’altro in giro. Un disco
talmente intenso che va quasi controcorrente, perché oggi si tende a realizzare
musica più fruibile, mentre la nostra è estremamente impegnativa, va ascoltata
a fondo>>.
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Cheap Wine live 2014 |
Io però ho come la
sensazione che “Beggar Town” sia arrivato più facilmente al pubblico di
affezionati, probabilmente tutto è dipeso dal lavoro di preparazione e dal
clima di attesa che tu hai creato sulla rete, proprio parlando in questo modo,
quasi che tu avessi paura di non riuscire ad “arrivare” al pubblico come al solito.
<<ero consapevole di avere scritto un disco complesso, perché non ci
sono canzoni accattivanti oppure orecchiabili ed in più devi tenere conto che
quando si prepara un disco, ci si lavora da un anno prima, si provano e si
registrano le canzoni, le si ascolta centinaia i volte per trovare la “quadra”
giusta che alla fine non ci capisci più niente. Alla fine eravamo tutti confusi
e convinti che il disco fosse difficile da capire, per questo scrivevo in rete
che bisognava di molti ascolti, pazienza. Tu sei stato uno dei primi a dirmi:
“guarda che questo disco arriva subito”
cosa che mi ha fatto piacere, però resto convinto che più lo si ascolta
e più se ne colgono le sfumature che, credimi, sono veramente tante>>.
In questo senso da quando è entrato in pianta
stabile Alessio Raffaelli nel gruppo
sono arricchiti molti vostri registri musicali.
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Alessio Raffaelli |
<<Dal primo momento
Alessio si è integrato molto bene nel gruppo, ha capito quali sono le nostre
peculiarità ed ha stretto una perfetta intesa con Michele. Infatti le parti di
piano e chitarra si scambiano con una fluidità perfetta a mio avviso. Sono due
musicisti molto maturi che sanno cogliere il momento in cui diventare
protagonisti, con la stessa lucidità che hanno quando devono lasciare spazio
all’altro. Due fuoriclasse che in Italia non credo si trovino in nessuna band.
Hanno saputo creare un mix perfetto tra due strumenti che interagiscono in
maniera mai banale>>.
Anche tuo
fratello Michele ne ha guadagnato visto che il suo modo di suonare la chitarra
è diventato molto più ricercato. <<Come sai lui ha sempre marchia il
suono dei Cheap Wine in maniera inconfondibile ed oggi credo che lo faccia
ancora di più, nel senso che lo fa con
una classe…>>
Non ha bisogno di
dimostrare quanto sia bravo tecnicamente << è vero che io sono di
parte e non dovrei dirlo, ma se ascolti le parti che esegue su l finale di
alcune canzoni, beh il senso del rock’n’roll per me è questo. Credo che nessuno
sappia mettere il proprio marchio sul suono di una band come fa lui>>.
In genere è il cantante a rendere
riconoscibile all’istante una band piuttosto che un’altra. <<Nei
Cheap Wine come sai il cantante conta meno, è sempre stato lui a definire il
nostro suono>>.
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Michele Diamantini |
Ancora un
personaggio storico diventa protagonista di un brano dei Cheap Wine. Dopo il
partigiano Silvio Corbari e il pittore Henrì de Toulouse Lautrec, raccontati in
“Spirits” (Cheap Wine Records, 2009), in “Utrillo’s Wine” è ancora un pittore
francese protagonista di un tuo testo. Cosa ti stimola ad inserire personaggi
reali nelle canzoni? <<Sono sempre stato affascinato dalle storie
vere e non da quelle romanzate. Tempo fa andai a vedere una mostra a Roma
dedicata ad alcuni artisti tra cui Modigliani e Utrillo, mi è capitato di
leggere la loro storia. Questi artisti così estremamente talentuosi e al
contempo estremamente poveri e fragili, perché erano alcolizzati, sono figure
che mi affascinano molto. A me piace raccontare la realtà perché la trovo più
affascinante della fantasia. Utrillo era un personaggio che si poteva inserire perfettamente
nelle atmosfere del disco perché “beggar” (mendicante) lo era veramente. Un “beggar”
con un talento artistico tanto enorme quanto lo era il suo problema personale con
l’alcolismo. Quindi raccontare la storia con lo stretto tratto ironico con cui
avevo raccontato quella di Corbari, senza minimamente toccare la sua tragica
fine, mi piaceva perché io odio la retorica ed il tragicismo fine a se stesso. Preferisco
che una storia faccia riflettere attraverso un sorriso anche se poi ha un
risvolto amaro>>.
Il senso di
povertà estrema in cui viva Maurice Utrillo lo hai reso in maniera perfetta
attraverso il testo della canzone. <<Questo perché io ho provato le
stesse cose. Magari non sono arrivato a quei livelli perché non ho proprio
fatto la fame ma ho vissuto dei momenti davvero duri quando scrivevo i testi.
Penso che il fatto che poi questi siano arrivati così rapidamente alla gente
che li ha ascoltati, probabilmente dipende proprio da questo. Quando tu
descrivi qualcosa di realmente vissuto, questa descrizione acquista maggiore
forza. Ci sono artisti grandissimi che riescono a scrivere quelle cose anche
quando non le vivono. Penso a Springsteen di “The Ghost of Tom Joad” in cui
descrive cose che difficilmente pensi che lui possa averle provate. Lui ha
letto Furore si sarà documentato sulle storie di alcuni migranti ma non ha
certo vissuto quei temi>>.
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Cheap Wine live 2014 |
Adesso
qualcuno penserà che ti sei montato la testa e ti reputi migliore di
Springsteen. <<Per carità, a parte che non lo sono ne lo penso ma se
dicessi una cosa del genere mi crocifiggono subito in piazza>>.
Magari faresti la figura del rocker
trasgressivo. <<Una volta gli artisti potevano dire anche le peggiori
cose che venivano giustificati, faceva quasi figo a dire cose terribili. Oggi
sembra che se non sei politicamente corretto subito ti massacrano>>.
Dopo Beggar Town qual è il prossimo passo
dei Cheap Wine? <<Credo che andremo sempre più verso atmosfere un po’
rarefatte, un po’ alla Tom Waits o alla Nick Cave, poi magari i miei compagni
spingeranno in un’altra direzione. È stato buffo sentire qualcuno dire che
siamo diventati troppo sofisticati e che ci preferivano quando eravamo più
grezzi, ma io credo che quando si cresce non si può restare ancorati agli
schemi del passato. Poi credo che noi possediamo ancora una “ruggine” di fondo
e per esprimere un certo tipo di atmosfere bisogna avere delle capacità
tecniche di un certo tipo. Ma non credo che nella nostra musica ci sia qualcosa
di ricercato>>.
Tutti i dischi dei Cheap Wine sono disponibili all’indirizzo
www.cheapwine.net
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