Steve Wynn + Cheap Wine live report Café Rossetti Trieste 20.03.2015

Steve Wynn e Marco Diamantini (foto R. Cifarelli)
 A volte i sogni si avverano. Bastava essere presenti al Caffè Rossetti di Trieste venerdì 20 marzo per toccare con mano e vivere la realizzazione del sogno di Marco Diamantini, che giovanissimo, si esercitava in cantina con un gruppo di amici sulle note di “Boston”, uno dei pezzi cult del repertorio dei Dream Syndicate di Steve Wynn, mai immaginando che circa trent’anni dopo l’avrebbe suonata fianco a fianco di uno dei suoi idoli di gioventù. Per fortuna e per la gioia di tutti i presenti, quello che si sperava è puntualmente arrivato al termine di un concerto intenso durante il quale l’artista californiano, in poco più di un’ora e mezza,  ha attraversato la sua carriera trentennale, pescando non solo nel repertorio del Sindacato del sogno, ma anche nella sua carriera solista ed in quella con i Gutterball ed insieme ai Miracle 3. E quando Steve ha chiamato sul palco i Cheap Wine per condividere il momento finale di una serata magica, ha mantenuto fede ad una promessa fatta molti anni prima quando ricevette la cassetta con i primi brani incisi dal gruppo pesarese e che avrebbero visto in seguito la luce nell’Ep “Pictures”. 
Nel ricordare l’episodio e le emozioni nel ricevere la cartolina inaspettata di risposta ecco come Marco Diamantini  ha sottolineato quanto sia stato decisivo quell'incoraggiamento,
la cartolina inviata da Wynn
attraverso il proprio profilo Facebook:
<<Eravamo solo dei ragazzi alle prime armi, ma con questa cartolina, Steve ci diede una spinta decisiva. Ci aiutò a credere nel progetto Cheap Wine e ci suggerì che la nostra musica aveva un senso. Ascoltò quelle canzoni e trovò il tempo di scrivermi queste parole piene di forza, anche se era impegnato nel tour di "Melting In The Dark". Con l'umiltà che è solo dei più grandi. Per questo, oltre che per la sua meravigliosa musica, condividere il palco con Steve Wynn è il coronamento di un sogno e di una storia "umana">>.Ma riavvolgiamo il nastro: Steve ha appena concluso il suo set e alle prime richieste di bis chiama i Cheap Wine a condividere il palco per i venti minuti finali di una serata memorabile, senza aver provato insieme. Non ce n’è bisogno! Partono le note inconfondibili di “Boston” per far ripartire le danze ed esplodere il Café Rossetti, Wynn guida il gruppo: Marco timidamente scopre che può cantare insieme al suo idolo. La chitarra di  Michele Diamantini non fa certo rimpiangere quelle di Karl Precoda e Paul B. Cutler, e tutti i restanti Cheap Wine si trasformano in una delle migliori “versioni” Dream Syndacate mai immaginate.
Foto Trieste is Rock
Il pubblico canta 
all'unisono trascinando i musicisti verso le vette che solo il rock’n’roll può generare. Su tutto il sorriso di Marco Diamantini la dice lunga su quello che sta accadendo. E si continua con una torrida versione di
“Amphetamine”  lato A di un singolo del 2003 poi ripresa nel best of  “What I Did After My Band Broke Up” che manda in visibilio il pubblico chiamato a raccolta da Trieste Is Rock. Dovrebbe finire qui la serata iniziata tre ore prima, ma il pubblico ne vuole ancora e mentre i Cheap wine iniziano a scendere dal palco, è lo stesso Wynn a richiamarli su e dopo avere dato indicazioni al granitico batterista Alan Giannini, parte con le prime note di “500 Girl Mornings” brano del 1999 pubblicato con i Miracle 3 nell’album “My Midnight”. Totalmente improvvisata, mai suonata dai Cheap Wine, ma l’intesa magica creatasi non lo fa capire, e sembra che tutti abbiano suonato insieme da una vita. Il pubblico è letteralmente in visibilio e canta all’unisono con i musicisti decretando il successo di una serata magica cha ha portato su a Trieste fans da ogni parte d’Italia,
Foto Renato Cifarelli
perfino dalla lontanissima Calabria, certi di potere assistere a quanto appena raccontato e ben organizzato dall’Associazione Trieste is Rock, che ha superato brillantemente anche l’imprevedibile cambio di location avvenuto negli ultimi giorni, ma che non ha inficiato minimamente la riuscita di una serata che si era aperta con lo show dei Cheap Wine. La tappa triestina del
Beggar Town Tour è stata ridotta giocoforza per la condivisione del palco con Steve Wynn, ma questo non ha tolto nulla all’intensità di uno show ricco di pathos. Aperto dalle note di “Fog On The Highway” il concerto si è sviluppato quasi integralmente sui brani di Beggar Town, mettendo in mostra la maturità raggiunta dalla band pesarese. Come sempre la chitarra di Michele Diamantini a farla da padrone, ma il sempre più bravo fratello minore, non risulta mai invadente con i suoi “solo” fronteggiato molto bene dalle tastiere di Alessio Raffaelli che cesellano le atmosfere intime di alcuni brani, mentre il basso di Andrea Giaro e la batteria di Alan Giannini danno corpo ad un sound che ha pochi rivali oggi in Italia. Tra i momenti migliori  di uno show molto ben calibrato, le nuove canzoni come “Muddy Hopes”, Beggar Town” e “Black Man” che hanno già la statura dei classici, e la ripresa di “Mary” e “Freak Show” accanta ad una meravigliosa e lunghissima versione di “Behind the Bars” tornata in pianta stabile nelle scalette dei concerti dei Cheap Wine, con grande soddisfazione dei fans di vecchia data. La chiusura come nell’album è stata affidata a “The Fairy Has Your Wings” una delle più belle canzoni mai scritte da Marco Diamantini sulla quale il lungo assolo di Raffaelli porta il live ad un climax di emotività unica.
I Cheap Wine durante il loro set
Poi è tempo di lasciare spazio alla leggenda di
Steve Wynn per il suo concerto solo elettrico che sta attraversando l’Europa. Wynn si presenta con una versione di “Tell Me When It’s Over” quasi trasformata in una torch song, spaziando poi lungo un vastissimo canzoniere da cui attingere e che gli fornisce la possibilità di creare anche solo con voce e chitarra, momenti in cui l’adrenalina possa scorrere a fiumi “Carolyn”, “The Day of Wine and Roses” , “Cloud Splitter” oppure avvolgersi nell’intimismo come in “Sustain” “Whatever You Please”, “Burn” e “I Ride Alone”, raggiungendo uno dei picchi emotivi durante l’esecuzione della cover di “Coney Island Baby” di Lou Reed. Trent’anni di carriera raccontati in un’ora e mezza di grande musica che ha suggellato, se mai ce ne fosse stato bisogno, la grandezza di uno dei più grandi songwriters americani.
Poi la jam finale già raccontata ed un dopo concerto fatto di attenzione verso il pubblico che è rimasto a conversare a lungo con l’artista. In chiusura un doveroso plauso a tutti i componenti dell’organizzazione di Trieste Is Rock, appassionati e competenti organizzatori di una serata meravigliosa che tutti i presenti terranno tra i ricordi più belli.


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