Maximilian D - Omonimo (Mania Records/Fast Lap Records, 2019)






Maximilian D continua imperterrito il suo percorso artistico, pubblicando dischi non con una cadenza regolare, ma solo quanto ne sente l’effettiva urgenza artistica. Lontani anni luce oramai i gloriosi anni che lo hanno visto protagonista della scena Hardcore-Punk con i NIA Punkx, tra i primi a portare alla ribalta nazionale la scena rock cosentina, e di cui recentemente è stata ristampata su cd da Area Pirata una raccolta esaustiva di tutto il loro repertorio, Massimiliano Muoio prosegue il suo cammino alla ricerca delle radici country blues di cui è intrisa la storia del rock. Un po’ come hanno fatto alcuni mostri sacri del punk californiano per i loro album solisti, e cito non a caso i nomi di Mike Ness dei Social Distortion e Greg Graffin dei Bad Religion, così anche Maximilian D continua a produrre musica ispirata a Johnny Cash, che gli diede lo spunto anni addietro per il suo percorso artistico attuale, pubblicando nel 2006 un album tributo dal titolo quanto mai esplicativo (“Escape From San Quentin”) a firma Maximilian D & The Jailbreakers.  
Il passo successivo avviene nel 2012 quando sempre attraverso la sua personale etichetta discografica pubblica insieme a Toni Lugosi “Shot Down At Sunset” un corposo album di ben 24 tracce nel quale continua questo viaggio a ritroso nel tempo, facendosi coadiuvare da diversi musicisti cosentini di estrazione diversa. Altri sette anni e si arriva al capitolo di oggi con questo album omonimo, uscito sul finire dello scorso, ma registrato a piccole tappe nei tre anni precedenti, mettendo insieme una sorta di supergruppo della scena rock cosentina, composto da Francesco Ficco (The Killer) e Giovanni Bellucci (Johnny Guitar) dei Kartoons, Anselmo De Filippis, anche lui con un passato nei Kartoons, Anthony Calabrese (Toni Lugosi) (Kjümmo/Miss Fraulein) ed Eugenio Pullano (Ghenes).
Aperto e chiuso da due brani strumentali dall’ evocativo titolo di “Casa Tijuana” che introducono atmosfere western desertiche, il disco entra subito nel vivo con “I Saw The Devil” in cui l’intreccio di chitarre acustiche ed elettriche rimandano al Mark Lanegan di “The Winding Sheet” seppure la voce di Max D non sia profondamente cavernosa come quella dell’ex Screaming Trees, ma abbastanza baritonale da darle la giusta impronta. Ma è sempre Johnny Cash la primaria fonte d’ispirazione del nostro come dimostrano brani come “Got My Mojo Working” ispirato al periodo Sun Records del Man In Black, oppure più recente, per intenderci periodo della serie American Recordings in brani come “Circles Of Smoke”, sorta di blues marziale, “The Place Where My Friends Have Gone” delicata ballata acustica, o "Memories Of Your Future Fast” sorta di country del deserto e “Frozen Ticket” una delle canzoni più ispirate del lotto, mentre “Blue Is My Heart” è la più cashiana del disco
Tutti i brani sono meritevoli di citazione da “Beyond The Valley Of The Dolls” che sembra ispirata dai film di Russ Meyer, a “Circles Of Smoke” altro brano molto rurale e desertico che sembra servire a preparare il terreno al brano caposaldo dell’intero album che è “Rattlesnake” che riesce a condensare alla perfezione tutte le atmosfere che sono presenti nel disco, con il suo polveroso sapore di frontiera che sembra lontanissimo ma che invece è nato a pochi passi da casa nostra e mette in campo tutto il bagaglio culturale e l’amore per certi suoni che il suo autore coltiva con immutata passione. 



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