Recensione Alessio Calivi - Sirene Vetri Urla e Paperelle (ManitaLab)
Giunto al suo secondo album da solista, Alessio Calivi con “Sirene Vetri Urla e Paparelle” da una accelerata verso territori lirici e sonori ancora più claustrofobici rispetto al disco d’esordio. Nelle nove tracce di questo pregevole lavoro, il noise rock viene messo a servizio di liriche talmente cupe da spaventare un po’ l’ascoltatore che possa porsi in maniera superflua all’ascolto dell’album. Un disco in cui il cantautore calabrese sembra quasi confrontarsi con la durezza delle città metropolitane così distanti dal calore della terra natia, oramai abbandonata. Calivi è un cantautore un po’ atipico, visto che i suoi dischi suonano come quelli di una band che non di un singolo autore. Sciolti un po’ i legami con i Marlene Kuntz, che tornano qua e là in alcuni passaggi (tipo “Palpitazione Isterica”), si fanno però più ingombranti quelli con i Massimo Volume, che vengono richiamati sin dal brano d’apertura “Berlino” e diventano quasi citazione alla lettera in quei brani dove il recitato si sostituisce al canto “Bucolico Post Industriale”, “Per Le Tue mani " e “Panctrum”. Naturalmente però il tutto non va inteso come citazionismo fine a se stesso, quanto modello positivo da esplorare ed aggiornare ai giorni nostri. In un mare di rumore fanno capolino ogni tanto delle melodie capaci di dare respiro alla tensione accumulata nota dopo nota, provando a raccontare l’amore che lotta quasi sempre con la ricerca di un legame stabile, come accade ad esempio nel singolo “Storia Stonata”. Uno dei brani cardine di questo lavoro è rappresentato dalla bella e lunga “Jorge & Sheis” un brano dal sapore quasi a là Motorpsycho che potrebbe piacere molto ai fan dei Verdena. Nel complesso si può parlare di un buon disco con molte atmosfere abbastanza diversificate in cui trovare spunti interessanti per uscire dal giro dei soliti nomi, citati anche in questa recensione.
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