Recensione - Tony Borlotti e i suoi Flauers (Area Pirata, 2025)

 


Nel riannodare le fila della storia non si crede che Tony Borlotti e i Suoi Flauers siano quasi arrivati a festeggiare il traguardo dei trent’anni di attività, che cadranno a settembre del prossimo anno. Tre decenni impiegati ad attraversare su e giù la nostra bella penisola per portare il sacro verbo del beat, quella particolarissima versione del garage rock degli anni Sessanta virata in chiave Italica, che continua ad essere tenuta viva da pochi indomiti guerrieri, come quelli che compongono il gruppo salernitano.

Una carriera che, come avviene spesso dalle nostre parti, ha trovato riscontri solo tra le fila dei sinceri appassionati, ma che non ha scalfito minimamente la voglia di Antonio Cherchi e compagni, di produrre nuovo materiale discografico che oggi si materializza con un mini-LP dal titolo Killing Shake! edito da Area Pirata Records in una versione limitata di solo 300 copie in vinile.

Nei sei brani che compongono questo mini-Lp troviamo due strumentali come la title track posta in apertura del disco in cui i ritmi sono quelli classici del tipico incedere del genere mentre il secondo, Piccolo Ma Beat, cerca di ricreare le atmosfere delle colonne sonore dei film della commedia sexy all’italiana, che hanno attraversato il nostro cinema negli anni settanta con il loro miscuglio di comicità e voyeurismo, decretando il successo popolare di tanti B-Movie di casa nostra.

In mezzo a questi strumentali troviamo tre canzoni classiche del songwriting dei Flauers: Nel Tuo Giardino riprende con buona qualità tutte le regole del beat italiano primigenio, ma che tiene conto anche del revival della stagione d’oro degli Eighties Colors di metà anni Ottanta, che rivitalizzarono la scena garage rock italiana.

La successiva Amalia racconta con leggerezza la voglia di libertà della protagonista che fugge di casa in cerca di quelle emozioni che non trova tra le mura domestiche, lasciando in ambasce a mamma e papà, con la Polizia chiamata a riportarla a casa. Il tutto raccontato su di una frizzante base garage blues.

Dove Vai accantona il beat per richiamare gli stilemi più classici del garage rock, con un testo che critica la Società moderna, mentre il finale è riservato a Pazzo una versione molto personale di Psycho dei Sonics, per mantenere viva quella tradizione della nostra musica leggera, che negli anni sessanta proponeva versioni “italiane” dei grandi classici del rock.

Una chiusura perfetta per un disco che si lascia ascoltare ripetutamente e sul quale tornare ogni qualvolta si ha voglia di leggerezza.

Pubblicato la prima volta su FreakOut Magazine il 28/7/2025

 

 

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