Umberto Maria Giardini - Mondo e Antimondo (La Tempesta Dischi, 2023)
Pubblicato su Freakout Magazine il 22/12/2023
Il ritorno discografico di Umberto Maria Giardini era atteso sia per le buone sensazioni che Re, brano che anticipava i temi di “Mondo e Antimondo”, aveva suscitato sin dai primi ascolti e sia per comprendere cosa l’artista marchigiano avrebbe cavato dalla sua magnifica cornucopia compositiva.
In quasi venticinque anni di carriera, prima con lo pseudonimo di Moltheni, definitivamente messo da parte con “Senza Eredità” album che tre anni fa aveva a sorpresa riportato in auge il suo vecchio moniker, ma solo per mettere la parola fine ad un progetto musicale che oramai stava stretto al suo stesso autore, desideroso di esprimersi in maniera più diretta e riconoscibile, come sta facendo da poco più di dieci anni a questa parte, con dischi che hanno eguagliato, se non addirittura superato quelli firmati come Moltheni.
Ecco allora che Mondo e Antimondo arriva a confermare che Giardini è uno dei maggiori autori che il rock italiano esprime da venticinque anni a questa parte, non solo per la caratura della sua poetica, ma anche per come la sua cupa visione dei temi dell’amore quasi sempre tormentati e afflittivi, vengono messi in musica con una ricchezza di sonorità che ha pochi eguali nel panorama di casa nostra.
Questo nuovo disco va assaporato proprio in questa doppia vesta: dapprima facendosi travolgere dalla musica sontuosa che segna ogni singola canzone, e poi lasciandosi inebriare dai testi sempre più ricchi di immagini e associazioni linguistiche che continuano a sorprendere, anche chi come il sottoscritto, frequenta la poetica di Umberto Maria Giardini, sin dalla prima ora.
Quanto Mondo e Antimondo sia ricco musicalmente lo si può cogliere sin dalle prime note di Re che parte con le campane a festa che annunciano la Messa domenicale, che ha un forte legame con la prima parte del testo ripetuto più volte (“corri forte / vanga / taglia la legna / scendi a valle prega”) come una preghiera che richiama al sacrificio come monito e unico modo per tornare sulla retta via. Le chitarre cadenzate sottolineano questa prima parte, prima che le atmosfere cambiano per introdurre il tema della caduta del Re che presto verrà spazzato via dall’arrivo dei Barbari in “un’alba epilettica”.
Un tema oscuro come tutte le atmosfere che si susseguiranno per raccontare amori tormentati che lacerano e lasciano sempre il protagonista sconfitto e pieno di rimpianti.
Miracoli Ad Alta Quota è una ballata delicata che cresce pian piano fino ad esplodere nel suo sontuoso arrangiamento centrale, prima di tornare a suoni sussurrati con il testo che richiama Gli “Anni del Malto” del Moltheni de “I Segreti del Coroallo”.
Andromeda è scritta dal chitarrista Marco Marzo Maracas, uno dei più fidati collaboratori di UMG, ed è uno dei brani cardine del disco sia a livello musicale che a livello di testo ricco di immagini che difficilmente accosteremmo ad una canzone d’amore (“cerbottana vita mia/rilanciami/proteggimi). L’attacco richiama alla mente i migliori Motorpsycho anni Novanta e proprio come nei lavori del trio norvegese, bilancia sapientemente la furia grunge, con dei break molto melodici che servono a rafforzare il testo in cui l’amore va difeso da tutto e tutti, in special modo da chi lo mina dall’esterno. Le variazioni del tema musicale sono un mirabile esempio di quella sontuosità musicale di cui parlavo all’inizio e che è uno dei pregi di questo disco.
Dopo i sette minuti di Andromeda serve una pausa ed i toni si attenuano con La Notte, brano in cui la malinconia la fa da padrone con il protagonista che cerca di restare aggrappato ai suoi sentimenti nonostante si senta profondamente inadeguato.
Cristiano Godano dei Marlene Kuntz è l’ospite di prestigio che troviamo a cantare la marcetta di Le Tue Mani un brano semplice che racconta dei rimpianti di un uomo che ricorda l’amore perduto che era nato sulle poltrone di un cinema in cui un tempo ci si coccolava, e semplicemente si cresceva insieme.
Versus Minorenne è un brano che riflette sul tempo passato, sulla gioventù che non potrà mai tornare, sulla spavalderia che con il tempo diventa tormento, mentre la musica sostiene il testo in un crescendo rock che bene accompagna il testo.
Nei Tuoi Giardini è un brano sussurrato in cui il protagonista prende atto della fine dell’amore e cerca di farsene una ragione, mentre l’altro si appresta ad andare via per sempre.
Muro Contro Muro è forse la canzone più bella dell’album, un brano struggente che racconta ancora una volta la fine di un amore (gay?) dove il protagonista non si rassegna a vedere che il suo sentimento non è corrisposto ed allora non può fare altro che andare sotto casa dell’amato/a (“per vederti e farmi male”) trovandosi davanti ad un confine invalicabile come quel cancello davanti a cui, nel brano d’apertura, il Re arrivava in ritardo e la natura gli impediva di attraversarlo per potere cambiare le cose. Un addio tragico e disperato che non poteva essere messo meglio in musica.
Prima della chiusura con la title-track, c’è spazio ancora per un brano dall’atmosfera delicatissima, quasi minimale seppure ricca di suoni delicati. In Figlia del Corteo c’è ancora l’amara ammissione di colpa per un amore ancora una volta finito tra i tormenti dell’anima.
Mondo e Antimondo è la chiosa perfetta di un disco senza alcuna sbavatura. Umberto Maria Giardini riflette sui tempi che viviamo oggi, in maniera piuttosto realistica sebbene dal testo sembra emergere un amaro pessimismo. Un bilancio della vita di un po’ tutti noi ma vista secondo la sensibilità dell’autore, che a volte è forse troppo severo con sé stesso, con le sue debolezze e le sue asperità.
Non so quanto sia stato catartico per Umberto Maria Giardini scrivere questo album, di certo dai suoi tomenti è uscito ancora una volta una album magnifico, un disco necessario, probabilmente il suo capolavoro.
Commenti
Posta un commento