Recensione - Dirty Three - LoveChanges Everything (Bella Union, 2024)
Sono trascorsi ben dodici anni, dall’ultimo disco pubblicato dai Dirty Three, tanto che “Toward the Low Sun” sembrava essere il capitolo finale del supergruppo australiano composto da Warren Ellis, Mick Turner e Jim White, che nel tempo aveva anche smesso di esibirsi dal vivo, visti i tanti impegni con i loro progetti principali, ma anche il fatto di vivere in tre continenti diversi.
Per questo l’arrivo di “Love Changes Everything” rappresenta una sorpresa da parte di una band, ma sarebbe più corretto parlare di un “progetto musicale” che oramai avevamo destinato ai piacevoli ricordi di ascolti passati e persi nel tempo.
La sorpresa è ancora più marcata quando ci si mette all’ascolto di questi sei brani che portano tutti il titolo dell’album seguito da un numero per distinguerli nella scaletta. I Dirty Three, infatti, si ripresentano con una formula sonora che definirei più vicina all’ambient che non a quella sorta di caos controllato di cui sono pieni i loro dischi precedenti, in una sorta di evoluzione in cui sono confluite tutte le loro esperienze e collaborazioni di questi anni, per arrivare ad una sorta di libertà creativa a cui sono giunti questi musicisti che in fondo non devono più dimostrare niente a nessuno. Warren Ellis lo ha spiegato in una recente intervista al Guardian con questa semplice frase: “Ci siamo seduti e abbiamo suonato, che è quello che facevamo agli inizi”. Cos’altro potrebbe esserci di più liberamente creativo?
Nei cinque giorni di sessions tenute in uno studio di Melbourne nel 2022, sono nati i brani di questo nuovo disco, che ai primi ascolti rappresenteranno un vero e proprio shock per chi si aspettava qualcosa sulla scia dei dischi precedenti. “Love Changes Everything” vive di orchestrazioni minimaliste, con le chitarre distorte che appaiono e scompaiono, i violini quasi sempre languidi e la batteria ed i tamburi suonati alla ricerca di un raccordo tra le parti che sembrano slegate tra di loro ma in realtà non lo sono mai.
Il disco si apre in maniera ruomorosae tesa con "Love Changes Everything I" in cui Ellis e Turner sembrano battaglaire per avere la meglio l’uno sull’altro mentre White tiene pesantemente coeso il suono del gruppo.
In "Love Changes Everything III", vediamo che il pianoforte diventa lo strumento protagonista, mentre White regge il tempo in modo misurato, con Ellis e Turner aggiungono i loro strumenti in maniera da non risultare mai invadenti.
"Love Changes Everything II", presenta in maniera più evidenti le tensioni musicali che hanno sempre caratterizzato il suono dei Dirty Three, e la presenza dei sintetizzatori aggiunge un tocco in più all’atmosfera sognante del brano.
Il brano che suonerà più familiare ai fans di vecchia data è probabilmente "Love Changes Everything IV", con le atmosfere lente che richiamano quel bellissimo album che è stato “Ocean Songs”.
Gli ultimi due brani potrebbero essere considerati come un corpo unico con momenti diversi in cui l’ascoltatore viene trasportato attraverso un’alternanza di momenti di quiete e picchi di tensione emotiva in cui viene espressa al meglio questa nuova strada che i Dirty Three tracciano e che non è per niente facile da seguire, se non si è predisposti a seguire l’ignoto piuttosto che il noto, affidandosi completamente alla libertà creativa ricercata dal trio australiano.
Pubblicato la prima volta su Freak Out Magazine il 26 agosto 2024
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